Una nuova Nota di lettura per la rubrica MIP, Miry-in-poetry.
Miriam Bruni sulla raccolta poetica “La memoria della betulla”
Pubblicato il 31/12/2023
Sto facendo tante cose in queste settimane, ma non trascuro la lettura quotidiana dei testi di miei amici poeti.
E ogni tanto decido di scrivere qualcosa su intere raccolte, che mi vengono inviate o su cui mi si chiede un parere, come mi è successo recentemente con “Terr(r)apeutica” di Luca Chendi, cui non ho però ancora trovato il tempo di dedicarmi.
Questa sera vorrei dirvi qualcosa a proposito di un altro libro poetico, quello di Maria Mancino, una donna sprizzante energia e amore per la poesia, che dal Molise dove è cresciuta si è poi trasferita a Imola.
Ai piedi della morte / ho seppellito la paura / e dal suo ventre / sono rinata / Che era notte (p.17)
Danza con me / sulle note dell’incertezza / La sentenza sarà letta alla fine / Intanto danza (p.23)
Inizio questa Nota di lettura con due brevi strofe per farvi entrare nel mood che il libro trasmette nel lettore: di solerzia e coraggio.
L’autrice si firma Maggie, e nella diretta facebook organizzata qualche giorno fa dal Babi editore, ne ha spiegato il motivo: ha raccontato infatti della “fanciullina” interiore che sempre le ha permesso di celebrare il rito della presenza (p.23) e dissetarsi di ogni goccia di vita buona (p.23), una sorta di vocina controcorrente (spirito ribelle troviamo nel libro…) che non ha mai ceduto, rassegnata, di fronte agli inevitabili momenti di cupezza, dolore e grigiore, ma che anzi ha condotto Maria Mancino ad una bella rinascita, poeticamente vergata sul tronco chiaro di una betulla…definita magistralmente una retta pendente, su cui non esiste sgomento, non vi sono ossessioni né pensieri latenti (p.6).
Seguendo i passi di questa “bambina”, l’autrice ha imparato a ballare sul tempo a piedi scalzi, e a giocare d’azzardo con la propria biografia, puntando tutto su ciò che è nella sua più profonda identità. (cfr p.27)
Molti sono gli elementi naturali citati e amati in queste memorie: il vento, le nuvole, la pioggia, l’erba, la luna, il prato; presenze costanti nella vita di Maggie, che desidera ubriacarsi in calici d’universo, e sa tornare indietro nel tempo, nella storia, al solo luccichio di un [loro] passaggio…(p.22)
Il vento ritorna più volte, a rinfrescare l’aria estiva, o ad accarezzare le chiome, come fossero volti; della creazione si ha dunque una visione ammirata e perlopiù consolante.
Ma non è questo il fuoco centrale di quest’agile raccolta. Più ancora che alla Natura, la Mancino mi pare abbia voluto cantare un’ode ai misteriosi baci (p.18) dell’illusione. E’ questa infatti la parola più ricorrente di tutte, “illusione”, parola dentro cui si condensa qualcosa di molto personale per l’autrice, qualcosa da difendere anziché allontanare: un’illusione non intesa quindi nel suo senso comune, bensì in quello di una dimensione interiore, forse anche enigmatica e a tratti volatile, intoccabile come la morte, che però ha il potere di cancellare i significati consueti, e scrollare via i pesi delle domande. (cfr p.14 e p.16)
Unica concessione ad un sentimento della realtà spietatamente sconfortante è il testo di pagina 21, dove la vita è vista come una “lei” che ci si mostra a volte trascurata, altre volte tutt’altro…Ma quando nuda, si rivela crudele…
La vita cambia abiti a tutte le ore
Sfila sotto gli occhi di chi l’ha vestita
con veli leggeri con abiti lunghi di seta
o con abiti sciatti
Ogni tanto le cade il vestito
e si mostra crudele
Lasciando a voi il proseguimento di queste esistenziali riflessioni, mi unisco ora volentieri a Maggie in questo trapasso dell’anno vecchio in anno nuovo utilizzando, con sorellanza, le sue stesse parole, e ipotizzando che siano rivolte al Dio altissimo, che in questi giorni si è fatto nuovamente piccolo e dolcissimo nel memoriale della propria Natività:
Stringi il mio disordine
affido a te nobile esecutore
le urla della mente
Processa le inutili parole
il falso dire
e le filastrocche maledette
Assolvi l’alfabeto degli occhi
che solo di bellezza sanno parlare
(p.25)
Auguri a tutti per un 2024 di alfabeti nuovi, più miti e universali, come sa fare l’arte in tutte le sue forme.
Miriam Bruni