CATTIVI PENSIERI. E’ impossibile essere ottimista

Inviti ad abbandonare il pensiero unico

Sono considerazioni come fossero Cattivi Pensieri per chiedersi altro: siamo tutti colpevoli ?

Pubblicato il 04/10/2023

E’ impossibile essere ottimista

Non è una nuova formula dell’esistere, ma un’amara constatazione.

Ho cercato in questi anni del nuovo secolo di dare continuità a tutte le bizzarrie e gli esperimenti funambolici che “impacchettavano” progetti e proposte per il tempo libero, altrimenti noto come alternativo.

Ho sperato che la voglia di uscire considerando il mondo esterno la nostra aula didattica permanente continuasse e ci offrisse quelle luci, quelle illusioni, perché alla fine anche un paio di scarpe di tela macchiata, poteva farci felice.

L’effimero governava, ma i segni e le cose del passato erano ancora presenti e molti erano ancora i mercati  ed i negozi che ne alimentavano i consumi e le curiosità di un mondo di ieri che diffondeva ancora un suo fascino.

Indipendentemente dal tempo storico che evocava o dalle riflessioni che certi oggetti provocavano (in particolare della cancelleria d’epoca o dei vecchi libri scolastici od introvabile oggettistica che poteva ancora meravigliarci).

Gli eventi, a partire dal tragico e drammatico attentato alle Torri gemelle di New York e le guerre d’interessi esplose in vari paesi compromessi; la crisi economica italiana, la Pandemia, i relativi adeguamenti e cambiamenti  socio-culturali, la guerra russa-ucraina, finendo alle disastrose alluvioni che hanno colpito i centri nevralgici della nostra economia nazionale, hanno, inevitabilmente prodotto un rapido declino che ha coinvolto, non solo le nostre abitudini, ma ha snaturato e snatura il nostro paesaggio urbano, i nostri punti di riferimento, la nostra presenza in luoghi che non esistono più.

Sono passati 22 anni e sembra che il secolo XXI sia finito.

Viviamo degli effetti di tutte le negatività che hanno colpito ogni settore della vita associativa, politica, culturale, produttiva e del tempo libero.

Un progetto di vita, che era stato già modificato nella seconda parte del secolo scorso e sembrava con gl’ultimi anni del Novecento che si potesse scrivere la parola fine delle turbolenze civili e guardare con rinnovato ottimismo le pagine nuove che avremmo potuto scrivere.

Ed invece le cose non sono andate così.

L’uomo ha rinunciato ad esistere, a voler vivere le calamità naturali subite che ci hanno modificato antropologicamente.

Viviamo di pubblicità “progresso”; dobbiamo assumere comportamenti positivi: dal sorriso alla solidarietà, alla tolleranza infinita, alla negazione della nostra stessa identità. Al vivere senza interessi perché siamo noi stati trasformati in oggetto del desiderio e di merce di scambio.

Sono scomparsi gli ideali e l’uomo ha smesso di fantasticare, di sognare. Insieme agli ideali sono morte le utopie e quegli sguardi, quasi artistici, che ci permettevano di fruire con trasporti emotivi la realtà nelle sue diverse espressioni e comunicazioni.

Abbiamo perso il senso semplice delle cose.

Non siamo capaci di sentirci partecipi in eventi di spessore. Viviamo solo di spettacolo e di intrattenimenti popolari : dalle sagre alle tavole allestite in mezzo alle strade. Ci formiamo alle tavole calde. Dalle prime ore del mattino usciamo per sederci al bar ed altri anonimi locali.

Vogliamo sentirci turisti tra i turisti. Questa è la nuova ideologia di consumo di massa. Dobbiamo consumare come loro, che sono di passaggio e non lasciano alcuna traccia. Neppure della fantomatica cultura.

Ci trasciniamo ma non viviamo. Non leggiamo neppure i titoli. L’edicole sono fermate di sosta, come quelle del bus. E chi compra, compra sempre gli stessi giornali, le stesse riviste, gli stessi libretti per i passatempi che non si risolvono e servono per una mattina sulla spiaggia o davanti alla TV per poi gettare tutto nelle pattumiere.

Una società fatti di migliaia di tonnellate di rifiuti. Tutto si acquista per gettare. Sono stato invitato ad incontri in diversi appartamenti (dalla periferia al Centro cittadino): sembrano astanterie d’Ospedali.

Pareti vuote. Arredamenti Ikea e cucine pronte per consumare cibi precotti.  Camere da letto come le famose cuccette dei nostri treni notturni.

Nessuna libreria. Nessun quadro. Nessun amore per la casa. Nessun angolo per la conversazione o per una intimità al rientro del lavoro.

Ma quale lavoro? Anche qui abbiamo livellato i mestieri e le professioni. E molti li abbiamo cancellati.

L’artigiano è scomparso. I “vecchi” mestieri sono finiti. Dobbiamo prepararci alla realtà artificiale che ci farà essere sempre meno umani e sempre più ingranaggi di un mondo predisposto all’ubbidienza ed alla ripetizione ossessiva delle stesse azioni fino a privarci della nostra coscienza, del pensare che siamo esseri viventi.

Che dovremmo poter svolgere la nostra presenza, il nostro divenire in questo Mondo.

Ma la Vita non avrà forse più senso!

                                                             

                                              Franchino Falsetti

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