L’8 marzo per la Casa delle Donne
Mostra fotografica di Roberto Cerè
Pubblicato il 02/03/2023
Le due donne ritratte in locandina, che vedete prendersi una pausa sigaretta sullo stretto terrazzino interno dell’appartamento, sono state fotografate di spalle, attraverso la finestra, non per un motivo estetico ma per un motivo di sicurezza; per garantire la loro incolumità nello svolgimento del loro lavoro.
Avete letto bene: incolumità. Ci sono donne che lavorano alla Casa delle Donne per non subire violenza che non possono esporsi in quanto le sono stati affidati casi di sostegno tanto “pesanti” che se fosse rivelata la loro identità potrebbero rischiare, probabilmente, la loro vita. Capite come lavorano alla Casa delle Donne?
Una fotografia della mostra è ripresa dal lato della scrivania che mette in risalto il telefono e una segretaria in secondo piano lo osserva con sguardo attento. Perchè anche il telefono diventa uno strumento da temere in questo luogo di lavoro composto da donne di coraggio; il telefono infatti può portare una richiesta d’aiuto, drammatica, con complessità da affrontare ma può portare minacce pericolose da voci di uomini che non si presentano ma che minacciano loro di quanto possa esser pericolosa la strada che fanno per ritornare alla loro casa.
Eppure vedrete una fotografia in cui il soggetto è una piccola stanza che cerca di ricreare un ambiente casalingo, protettivo, sicuro per quanto possibile; questa è la camera dove vengono ospitati i bambini che, spesso, arrivano assieme alle loro mamme a cui viene fatta violenza e per loro esiste questa piccola “sala d’attesa” voluta proprio per non creare angoscia al bambino che attende la madre mentre parla con le assistenti.
Sono immagini molto semplici ma che sono state eseguite in un ristretto campo d’azione (nel rispetto del lavoro di “copertura” descritto all’inizio), ed eseguito in brevissimo tempo: due ore circa. Ma due ore e mezzo cariche di intensità. Dove anche sentir suonare il campanello del portone sulla strada faceva trasalire in quanto poteva essere l’ennesima minaccia all’incolumità di qualcuna di loro o di una donna che si era recata in sede per denunciare il proprio problema.
E c’è anche una foto che mi è particolarmente cara; quella dove Angela parla al telefono con una donna che le confessa qualcosa e, in primo piano, sfocata sul tavolo, c’è la moka per il caffè che Angela preparava alle donne che per la prima volta venivano in contatto con lei (loro) a confessare cose del loro dramma quotidiano. Angela mi parlò di quella moka con grande rispetto perchè con il tempo scoprì che offrire un semplice caffè ad una persona perseguitata poteva essere la chiave per farla sentire fra persone che la potessero aiutare. Offrì un caffè anche a me e ci mettemmo a parlare di un po’ di cose. Oggi Angela non è più fra noi.
Come avrete certamente capito, questo lavoro fotografico è stato eseguito alcuni anni fa quando fu presentato a Nessun Dorma (2017) con articolo pubblicato sulla nostra rivista. Spero comunque che nel frattempo qualcosa di ciò che ho visto e vi ho raccontato sia migliorato.
Roberto Cerè
UN MATTINO ALLA CASA DELLE DONNE
Fotografie di Roberto Cerè
Centro Sociale Pedrini
Viale P. Togliatti, 5/f – Valsamoggia Loc. Crespellano (BO)
La mostra inaugurerà l’8 marzo alle ore 18:00 e terminerà domenica 19 marzo
Libera e aperta a tutti