Editoriale Millecolline. I Premi Nobel per la Letteratura non fanno pensare

Editoriale

L’Editoriale Millecolline

Pubblicato il 13/11/2022

I Premi Nobel per la Letteratura non fanno pensare

Viviamo un tempo di radicali cambiamenti e trasformazioni in ogni campo della produzione: da quella intellettuale a quella industriale, tecnologica e scientifica. È noto a tutti che l’uomo contemporaneo ha perso le sue certezze, i suoi valori consolidati dai grandi sistemi filosofici e religiosi e vive la sua quotidianità costantemente deprivata e minacciata. Il diffondersi di eccessi egocentrici, di esaltazione del proprio esclusivo comportamento trasgressivo e di forme di aggregazione ostili e demolitrici verso il concetto di identità, di continuità con il passato, di considerazioni dei beni culturali per l’umanità stanno sostituendo gli storici processi educativi e formativi che rendono l’uomo socievole, collaborativo, solidale, perenne ricercatore del benessere comune e del cosiddetto “buon governo”.

Ma tutto questo si è smarrito. Con il XXI secolo si stanno affermando le profezie di Orwell, di Bradbury, di Sartre, di Camus, di Zweig, di Mann, di Morin, di Clair, di Bellow, di Spengler, della Magli, per citarne alcuni, tra cui qualche Premio Nobel per la Letteratura, che hanno preannunciato la morte dell’Occidente, il declino delle Civiltà, la nascita di movimenti come il politico corretto, la cancellazione della cultura, la rottura insanabile e drammatica con il passato. E nello stesso tempo sono cambiati i valori ed i significati delle parole. Il linguaggio si è adeguato alle mode individualistiche, gergali, di aggregazione quasi tribale. Si abbattono i monumenti agli uomini illustri che hanno creato progresso, cultura, emancipazione, riscatti sociali, libertà, affermazioni della dignità umana. Si cancellano le loro opere a partire da Cicerone. Siamo entrati in un nuovo periodo contestativo dove alla base governa il disimpegno consapevole. Una contestazione umorale, per urlare, per essere contro senza sapere perché. Il vuoto assoluto che si riscontra, per esempio, nei libri che sono lo specchio della società anarchica e demolitrice che stiamo vivendo. Come il ’68 ricorda una data da cui sono maturate ed esplose le contraddizioni del capitalismo, dell’autoritarismo, delle diseguaglianze sociali, della protesta ideologica e politica, l’11 settembre 2001 segna la data non solo di un’immane e tragico attentato a migliaia di vite umane, ai simboli di un potere, che sembrava indistruttibile, ma l’attacco al mondo Occidentale, ai suoi valori alla sua storia, alla sua continuità.

In questi vent’anni, infatti si sono modificate radicalmente i nostri costumi, le nostre credenze, le nostre certezze. Tutto è divenuto aleatorio e tutti si sentono protagonisti utilizzando i vecchi valori (come premi, onorificenze, attestai di merito, Nobel, riconoscimenti accademici, invenzioni di altri Premi, accademie, ecc, che non valgono nulla). Il Nobel, per esempio, aveva valore in determinati contesti, quando la cultura aveva una sua autorevolezza e veniva sollecitata da mille esperienze, invenzioni, incontri, ricerche, studi, approfondimenti di insigni Maestri ed Accademici.

Oggi, proprio a seguito del multiculturalismo, delle culture vissute ai margine dell’Occidente che si sono diffuse, delle proliferazioni di mille Istituti scolastici, Università, Accademie, Conservatori o scuole musicali, teatrali a sfondo commerciale (anche on line), alle semplificazioni e riduzione del sapere, della formazione  “sistemica e produttiva”  mentre si sono affermate irrazionali mode e frenetici desideri collettivi (l’emozione del diverso, del pensiero altro, del relativismo e delle sognate “beatitudini”), hanno, di fatto, azzerato ogni originale autenticità ed antico prestigio. L’intellettuale degli anni venti del secolo scorso non è l’intellettuale del XXI secolo.

Sono scomparsi i contesti, i contenuti, le finalità, le aspirazioni, le competizioni, il cosiddetto merito (che oggi è solo una vuota parola, riproposta come se fosse immutabile nella sua sostanza e nella sua significatività) e, logicamente, la cultura del tempo e dei tempi.

Per aver una certa conferma di quanto esposto finora, trascrivo alcune motivazioni relative all’assegnazione di alcuni Premi Nobel per la Letteratura in periodi diversi, dal secolo scorso ad oggi.

Giosuè Carducci (1906): “ […] non solo in riconoscimento dei suoi profondi insegnamenti e ricerche critiche, ma su tutto un tributo all’energia creativa, alla purezza dello stile ed alla forza lirica che caratterizza il suo capolavoro di poetica”.

Thomas Mann (1929): “[…] principalmente per i suoi grandi romanzi I Buddenbrook e la Montagna Incantata “.

Bertrand Russell (1950): “[…] in riconoscimento ai suoi vari e significativi scritti nei quali egli si erge a campione degli ideali umanitari e della libertà di pensiero “.

Eugenio Montale (1975): “ […] per la sua poetica distinta con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni”.

Saul Bellow (1976): “ […] per la sensibilità umana e la sottile analisi della cultura contemporanea che si trovano combinati nella sua opera”.

Elias Canetti (1981): “ […] per i suoi lavori caratterizzati da un’ampia prospettiva, ricchezza di idee e potere artistico”.

Annie Ernaux (2022): “ […] per il coraggio e l’acutezza clinica con cui svela le radici, gli allontanamenti e vincoli collettivi della memoria personale”.

                                                                                                                                                                  Franchino Falsetti

 

 

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