Editoriale Millecolline. Siamo alla fine della carta stampata

Editoriale

L’Editoriale Millecolline

Pubblicato il 10/07/2022

 

Siamo alla fine della carta stampata

Non mi sento di mettere il punto interrogativo. Da tempo assistiamo alla perdita di ruolo e di identità di questa grande invenzione che è la stampa, fonte di inesauribili creatività e unica garanzia per combattere ogni tentativo di oscurantismo, di limitazioni della libertà e de coltivare il pensiero libero. 

I giornali, i libri e suoi surrogati sono di diffusa presenza in ogni luogo in cui si intensificano le relazioni umane: dalle autostazioni, alle stazioni ferroviarie, aeroporti, centri commerciali, edicole territoriali, biblioteche, musei, centri di lettura, sedi di associazioni civili e culturali, sale di aspetto, bar, ristoranti, luoghi destinati al tempo libero, ai divertimenti, alle vacanze…

Idealmente si potrebbe affermare che la presenza della carta stampata sia in ogni luogo e non solo nel mondo occidentale.

Ma se consultiamo i vari bollettini statistici ci accorgiamo che esistono, oltre ai corollari di cui accennerò, dei dati altamente preoccupanti, per esempio l’Italia è al 58° posto nel mondo per la libertà di stampa; il 41,4 della popolazione di 6 anni e più ha letto almeno un libro nell’ultimo anno, dato in lieve aumento rispetto al 2019 (+ 3%). Il 73,6% dei lettori legge solo libri cartacei, il 9,4 % solo e-book o libri on line mentre lo 0,3% ascolta audio libri.

I lettori dai 15 ai 75 anni passano dal 63% del 2019 al 56% del 2021 ed il calo maggiore si registra tra gli adolescenti dai 15 ai 17 anni. Cresce infine il divario Nord-Sud: mentre al Nord i lettori, in tre anni saranno dal 63% (2019) al 60% (2020) e infine al 59% (2021), al Sud dal 41 % del 2019 e del 40% del 2020 si arriva al 35% (2021). [Centro per il libro e la lettura (CEPELL) e l’Associazione Italiana Editori (AIE) 2021]

Non sono dati incoraggianti per un Paese protagonista nel Consiglio d’Europa e tra le potenze mondiali più industrializzate.

Non valgono le pubblicità televisive e dei mass media che ogni giorno amplificano le visite turistiche ai Musei, alle Pinacoteche, alle Biblioteche di Stato, alle varie manifestazioni stagionali sui temi alla moda o quelli definiti emergenti come: l’ambiente, l’energia, l’eco sistema, la pandemia, i nuovi flagelli procurati dall’eccesso della demografia in netta crescita sul nostro Pianeta. Ed altri antichi problemi mai risolti: dalla fame alla mancanza dei servizi di base come la sanità, l’istruzione, la parità tra i sessi, l’emancipazione della donna; un vero “progresso” dell’umanità.

Il mondo continua a muoversi nelle sue mille sfaccettature fatte di buio e di luce, di morti, di guerre, di tragedie provocate dall’uomo o subite da improvvise calamità.

Un quadro solo preoccupante, anche perché bisogna aggiungere l’avanzare della cultura dello scarto, degli effetti della globalizzazione, delle razionalizzazioni delle imprese, fabbriche ed industrie. Migliaia di lavoratori per non dire milioni si ritroveranno a casa senza lavoro e con poche occasioni di ritrovarlo. Una prospettiva alquanto contraddittoria e pericolosa, con effetti inimmaginabili, di cui la carta stampata, l’editoria militante sembra non conoscere, anzi ignorare completamente.

Un tempo i giornali ed i libri hanno rappresentato delle “bussole” per i lettori, perché erano sintonizzati sui problemi vivi della quotidianità: ci si esprimeva sui comportamenti, sui ruoli dei vari componenti della famiglia, sui doveri (studio e lavoro), sui sentimenti ed il rispetto delle tradizioni (esempio: ricordare i propri defunti, averne cura, ricordarli come guida e propria consolazione), le regole del vivere sociale (a scuola, sul lavoro, nella produzione, nella comunicazione), sui desideri suggeriti dal progresso, sui sogni (poter pensare ad un avvenire diverso, al proprio futuro), sul servire gli altri (servizio militare, civile, professionale nei settori di assistenza e di mutuo soccorso), su tutta quella vasta gamma che sono i nostri stati d’animo, i nostri livelli di coscienza, i nostri gradi di fede e di spiritualità.

Un mondo, il nostro mondo, disteso come un tempo disegnato in due grandi emisferi. Ecco questo erano i contenuti che ci facevano crescere, ci maturavano, ci rendevano veri protagonisti, ci facevano amare la vita.

E chi diventava vecchio, era il saggio della famiglia, era colui che bisognava ascoltare, rispettare ed aiutarlo a vivere più a lungo.

Ebbene questa sintesi non completa, guidava chi aveva il compito di scoprire casi, situazioni, motivi di riflessione, necessari approfondimenti per non lasciare il lettore sprovvisto di informazioni utili, di considerazioni, di esperienze, o di racconti che parlassero di certe situazioni reali, non solo relative alla convivenza ma anche alla progettualità della propria autonomia di scegliere e progettare.

I romanzi curavano questi temi che poi si trasformavano in generi: d’amore, d’avventura, storici, biografici, pedagogici, per ragazzi, con trame da cruciverba, descrittivi sui lati portanti della nostra formazione, sognanti, ma tutti con una particolare attenzione all’uso appropriato della lingua italiana, dei modi gergali o dialettali. Si era educati nel leggere non solo nei contenuti che venivano illustrati, ma nelle varietà linguistiche con cui questi venivano presentati. Non a caso per lungo tempo la Scuola era maestra di Vita ed ai propri studenti consigliava, con l’esempio offerto dai propri docenti, il significato di vivere in una Comunità.

Ma nello stesso tempo portava gli studenti a saper scegliere i libri che dovevano leggere proprio per raggiungere quegli obiettivi di sapere per scegliere, di conoscere per esprimersi.

La carta stampata di oggi insieme all’Editoria militante, guardano ai paradossi, ai declini, teorizzano le cancellazioni, sostengono le sostituzioni, le metamorfosi ad effetti speciali, una deviante visione del mondo e della realtà. Si “adottano” mode e culturali che non ci appartengono. Si fanno sostenitori di nefaste neo-ideologie come quelle: siamo tutti artisti, poeti, musicisti, creativi. Il talento non esiste, come non esiste il merito, non esiste la Cultura. La “comunicazione” nuova idolatria ed enigmatica Sfinge per un Mondo dove governa la regola dell’autoreferenzialità e delle affermazioni senza contraddittorio. Dagli anni settanta si pensò di introdurre il giornale nella scuola come “libro” di testo alternativo alle letture consigliate dal ministero o contenute nei programmi scolastici.

Un modo “anticonformista” per rendere lo studente più aggiornato, più smaliziato, più vicino alle problematiche della sua esperienza evolutiva. Ma dagli anni settanta ad oggi il mondo si è ribaltato, continua la convenzione e sovvenzione al progetto “i giornali nella scuola”, ma non sono più il libro di testo alternativo, non rispondono più alle domande  legittime degli studenti, sono fogli scritti con l’inchiostro invisibile, e dove si riesce a leggere , si legge il nulla, il superfluo, il blasfemo, la trasgressione compiacente, la vita privata oggetto di cronaca morbosa, di ricerche ed esternazioni emotive, emozionali, di inconsolabile solitudine e di persuasioni occulte. Nessun messaggio pedagogico, nessun motivo di seria riflessione sui turbolenti trend sociali e culturali dell’epoca contemporanea, ma una diffusa superficialità e complicità che renda scontato e semplicistico ogni motivo di sapere e di conoscere.

L’alternativa non è certamente il digitale.

La stampa italiana funziona male: noi contribuiamo al degrado dispensando notizie con licenza di uccidere”. (Piero Ottone, giornalista, scrittore, già prestigioso Direttore del Corriere della Sera 1972-1977 )

 

                                      Franchino Falsetti

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