Raccontare fiabe ha ancora senso?

Editoriale

L’Editoriale Millecolline

Pubblicato il 19/12/2021

 

Raccontare fiabe ha ancora senso?

Quali fiabe? Quelle tradizionali, quelle quando “Berta filava”? Nel’età pandemica e vaccinale può accadere di tutto, ma i danni culturali e le varie performance adattate e sperimentate su questo inestimabile ed irrepetibile patrimonio generazionale possiamo recitare, senza alcun dubbio, il requiem.

E’ con i primi anni settanta che le fiabe vennero bersagliate sull’onda dell’abolizione dei libri di testo, sulla liberalizzazione della lettura per ragazzi, su tutto ciò che aveva costituito lo scrigno educativo e formativo fin dall’ epoca del grande filosofo e pedagogo Comenio con il suo grandioso ed unico Orbis pictus (L’Universo dipinto, 1658). Si cominciò con le fiabe a rovescio, con sconvolgimenti delle trame e delle morali, per esempio Biancaneve divenne Bianca beve. E via di seguito, fino a trattare lo stesso patrimonio in rivisitazioni pornografiche secondo lo stile fumettistico più volgare ed amorale. E così in pochi anni si seppellì la cifra classica della cultura popolare, de “la morale della favola…”, e dei buoni sentimenti, diffusi fin’allora nell’intero mondo occidentale, civile e mondiale (Pensiamo alla diffusione planetaria  del mitico Pinocchio). ( Vorrei ricordare la meravigliosa collana degli Editori Fabbri che rilanciò questo insuperabile genere con il titolo “Fiabe sonore”. Le fiabe si potevano ascoltare con commenti ed interventi musicali di riferimento e stimolanti. Un lodevole modo interdisciplinare più partecipativo, per rendere meno arida la solita voce della “buona notte”. Queste fiabe si potevano ascoltare in ogni ora del giorno e continuare a sognare, nella continuità della tradizione, con le parole ed imparare le piacevoli “canzoncine”).

Mentre l’editore Giulio Einaudi iniziava una nuova collana denominata “Tantibambini”, diretta dal creativo designer Bruno Munari. Fiabe non tradizionali, ma inventate con l’aria dei tempi che si vivevano.  Erano coinvolti vari bravi autori esordienti, come Gianni Rodari. Ma quello che colpiva era la retrocopertina di ogni volume, dove erano scritte parole complici alle nuove tendenze dissacratorie sessantottine:

Fiabe e storie semplici, senza fate e senza streghe, senza castelli lussuosissimi e principi bellissimi, senza maghi misteriosi, per una nuova generazione di individui senza inibizioni, senza sottomissioni, liberi e coscienti delle loro forze.

In modo autorevole ed ufficiale si ruppe il famoso “mondo di ieri”.

Racconti come “Gli affari del Signor Gatto” e “L’Uccellino Tic Tic”, presenti in questa nuova collana dell’Einaudi, senza subire particolari contraccolpi, operarono una delle più pericolose sovversioni silenziose, nate sull’onda giovanilistica della contestazione globale.

In un attimo si cancellarono , anche nei libri di testo, ampie pagine di autori che dal ‘700 avevano dato vita ad una nobile letteratura: quella per Ragazzi.

Nacquero, per fortuna, altri inventori  e continuatori consapevoli di un passato che, comunque, non doveva essere cancellato, come: Gianni Rodari, Mino Milani, Antonio Faeti, Giovanni Mosca, Marcello Argilli, Giovanni Arpino, Dino Buzzati, Italo Calvino. E forse qualche altro….

Oggi, che viviamo un tempo non solo di calamità e di tragedie e di crisi globale dell’Umanità, dove ci si dimentica delle sofferenze per abbattere le statue di Colombo e di Jefferson (3° Presidente dell’America e padre fondatore della democrazia e della Nazione), di cancellare nell’insegnamento superiore ed universitario i classici ed i grandi poeti e filosofi, non possiamo rimanere indifferenti. Si considera prevalentemente il presente, l’attualità, il visibile e la menzogna. Pertanto ritornare alle fiabe, non per divertimento od intrattenimento, sarebbe un dovere, non solo didattico, ma pedagogico, formativo, culturale.

Nelle fiabe risiede il sapido sapere antico che ci aiuta a capire questa malandata esistenza. Ci sono i motivi per leggere, per riflettere, per comunicare, per socializzare, per rendere anche ironico questo nostro misterioso cammino che è la Vita. E magari continuare ad aver paura, a sognare castelli abbandonati, qualche principessa sconsolata, qualche strega terrificante, qualche mago sornione e qualche lupo solitario insaziabile e mattacchione.

 

                                                                      Franchino Falsetti

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