Valsamoggia va a Modena Festival di Filosofia con Libera

Il film prevalentemente girato in Valsamoggia (Bo) è ormai al suo esordio

Libera, il lungometraggio su misura per il Festival Modena Filosofia

Pubblicato il 09/09/2021

“Il film  nasce da un laboratorio sulle diverse forme di violenza subite dalle donne e sul significato di libertà. La trama si sviluppa per episodi con una struttura unitaria sui contenuti e sui personaggi.
Sarà proprio Ada, una giovane ventenne,  il fil rouge della narrazione e che  mostrerà  in filigrana la solidarietà che tiene insieme le donne della cooperativa: una rete sociale che resta viva, nonostante la fragilità e Il vissuto traumatico delle singole personalità”.
                                                                                                                                                                                                                       Nicoletta Rinaldi

Libera è il titolo del primo lungometraggio di Nicoletta Rinaldi.

Il territorio di Valsamoggia (Bo) è stato il protagonista di una nuova produzione cinematografica a cura del ensemble teatrale modenese “Gruppo al posto di me” diretta da Nicoletta Rinaldi che ne ha prodotto anche la sceneggiatura oltre ad esserne la regista.

La realizzazione del lungometraggio ha visto la troupe di Libera aggirarsi per alcuni mesi lungo le strade fra Bazzano e Savigno e a volte ha suscitato alcune curiosità che ci hanno fatto un po’ sorridere sollevandoci dalla tensione del lavoro che diventava ogni giorno più impegnativo.

L’impegno del gruppo attoriale e organizzativo era distribuito nei giorni attorno il fine settimana; infatti tutti i componenti della troupe, oltre ad essere alla loro prima esperienza cinematografica, sono anche degli attori non professionisti che durante la settimana hanno i loro impegni lavorativi.

Così fra un sabato e una domenica siamo riusciti ad arrivare a scene girate al Mulino del Balone, su uno dei ponti di Savigno, in un forno di Bazzano, nei boschi e nelle radure samoggine, in centro a Savigno, in Rocca a Bazzano. Poi ci siamo spostati anche sul Panaro perché avevamo bisogno di un corso d’acqua con più portata e di un ristorante isolato e al limite del raggiungibile…

Tutto questo per poter concludere in tempo “Libera” il film girato in occasione della Festival Modena Filosofia 2021 e visibile nelle tre date di

Venerdì 17

Sabato 18

domenica 19

del mese di settembre

in tre diversi orari: 17:00 – 19:00 – 21:00

prenotatevi al numero impresso in locandina

a presto seguiranno nuove informazioni

 

 
 
Il film  nasce da un laboratorio sulle diverse forme di violenza subite dalle donne e sul significato di libertà. La trama si sviluppa per episodi con una struttura unitaria sui contenuti e sui personaggi.
Sarà proprio Ada, una giovane ventenne,  il fil rouge della narrazione e che  mostrerà  in filigrana la solidarietà che tiene insieme le donne della cooperativa: una rete sociale che resta viva, nonostante la fragilità e Il vissuto traumatico delle singole personalità.
 
Tutti i dolori sono sopportabili se li si inserisce in una storia o si racconta una storia su di essi; la storia rivela il significato di ciò che altrimenti rimarrebbe una sequenza intollerabile di eventi.”
“La narrazione, si sa, e è un’arte delicata, essa rivela il significato senza commettere l’errore di definirlo.”
Adriana Cavarero da “Tu che mi guardi, tu che mi racconti”
 
Narrazione e Libertà
Fuggire da una figura paterna minacciosa è un tema universale delle fiabe: tentare di modificare la propria storia, salvarsi da un destino che sarebbe altrimenti oppressivo.
Solitamente nelle favole la figura malvagia è rappresentata dalla madre o dalla matrigna; in questo racconto, invece, abbiamo voluto considerare la violenza che agisce nella relazione con il maschile, dentro una cultura patriarcale.
Siamo interessate al movimento trasformativo insito nella natura stessa della narrazione fiabesca, dove la morte e la rinascita, a livello psichico, consentono agli esseri umani di rimanere in contatto con il proprio dolore e con Ia vitalità reattiva della propria natura.
Il valore della vita richiama quello della libertà, che si esprime nella capacità di autodeterminarsi, grazie alla forza interiore acquisita attraverso un processo di auto-consapevolezza.
La libertà vuole coraggio, qualità umana necessaria per affrontare le avversità e l’ignoto.
Gli esseri umani sono per natura vulnerabili e hanno bisogno di stabilire delle reti sociali significative e accoglienti, tenute insieme da una progettualità, concreta, di libertà comune.
Il dialogo interiore, accompagnato da un reale confronto con gli altri, ci rende capaci di agire nel mondo insieme, per il bene di tutti.
La narrazione si nutre di simboli che sanno risacralizzare il mondo, attingendo dagli archetipi collettivi e dell’immaginario personale. Ci sono rose, lune, demoni, lupi;  la natura con vento, acqua, alberi.
Cè perfino una strana figura mai nata.
La capacità visionaria ci porta oltre la crudezza di quello che c’è; la parola simbolica ci tiene vicini al cuore selvaggio, a ciò che in noi è ingovernabile.
 
La meraviglia contiene anche il perturbante, la violenza e l’oscurità, ed è per questo che le relazioni sociali significative possono infondere un senso di vicinanza e sicurezza.
Nel nostro film il lupo, da una parte chiede ad Ada di guardare oltre la superficie delle cose, di andare in profondità, anche se questo provoca sofferenza e la esorta a resistere proprio nel momento di massimo affanno; dall’altra la bestia, con il suo imperativo, mette a rischio la vita della stessa ragazza.
Le protagoniste di questa storia danno parola al loro dolore attraverso  sogni, visioni e grazie ad alcuni dialoghi reali e immaginari:  ognuna è mossa dall’urgenza di raccontare e di rappresentare le proprie angosce.
Atto “magico e terapeutico” quello della narrazione che le libera dai propri fantasmi inconsci e dal rischio della coazione a ripetere. 
I personaggi descritti trovano, tramite un gioco di rappresentazione e di ritualità, il modo di condividere un vissuto traumatico ponendosi in una posizione di ascolto aperto, un silenzio denso di presenza e vicinanza.
La parola visionaria si propaga per contagio, mettendo in moto un lavoro psichico polisemico; infatti Ada riesce a stabilire  relazioni profonde con le altre donne, nonostante le differenze di età, di cultura e la bizzarria di ogni singola personalità.
Ada avanza verso il futuro affrontando l’oscurità e l’incertezza che ne fa parte, forse capisce che per fare delle buone scelte si deve sopportare uno stato di dubbio e di sospensione e rinunciare alla tentazione di aggrapparsi a facili soluzioni. Le false certezze nel tempo rivelano la propria inconsistenza e svelano un tragico e fallimentare destino.
Una paura lasciata a se stessa può diventare una minacciosa frantumazione del proprio sé  e, se non viene elaborata – grazie a un confronto vivo con gli altri-, può prendere la forma di una posizione acquiescente e acritica. Oppure, faccia della stessa medaglia, la sembianza di onnipotenza narcisistica.
Sono forse questi i motivi per cui le persone rinunciano alla propria libertà?
Le storie di queste donne scorrono come l’acqua del fiume che accompagna le vicissitudini nel loro continuo processo di ripetizione creativa, di gioco inventivo e trasformativo.
 
Nicoletta Rinaldi 

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