Gilbert Kruft e la sua Recherche Humaine -VIDEO-

Si è appena conclusa a Bologna la mostra dedicata all’artista tedesco 

Vogliamo comunque dedicare il giusto spazio a Gilbert Kruft nella nostra rivista: un video e un testo critico

 

Pubblicato il 05/07/2020

La giornalista, critica d’arte affermata, che scrive sul quotidiano più venduto si è fermata appena dopo la soglia della mostra in Sala D’Ercole; osserva le opere di Kruft e si rivolge a chi ascolta dicendo: -“Ma questo autore vende?”. Ecco il nucleo: l’autore può diventare famoso se vende, non se la sua opera ha valore; per capire questo c’è bisogno di sapere ed esplorare. Costa fatica.

Gilbert Kruft era un artista che non ha mai apprezzato il sistema economico che si è imposto nel mercato dell’arte, quindi lavorava con grande capacità su oggetti di arredo interno (i suoi “maccheroni”) per poi dedicarsi alle opere personali nel senso stretto della parola e in piena libertà artistica. Non era interessato a soddisfare il mercato, era interessato a soddisfare la sua esigenza artistica.

Questo mi ha convinto a pubblicare un articolo più “intenso” del solito in cui, oltre al video, abbiamo aggiunto un testo critico di Franchino Falsetti. buona lettura.

 

Gilbert Kruft e la sua Recherche Humaine

ovvero le Identità in bronzo

 

Parlare di un artista è sempre problematico, parlare e ricordare un artista amico indimenticabile come Gilbert, può risultare riduttivo e di circostanza.

Non amo la retorica, né le frasi che gli altri si attendono, né quelle adulazioni artefatte per chi non c’è più.

Ho visitato con molto interesse e commozione la Mostra recentemente allestita presso la sala d’Ercole del palazzo Comunale di Bologna. Una esposizione di oltre 30 opere, che rappresentano i capitoli fondamentali della sua teoria e filosofia dell’arte.

Ne ho rivista una, dal titolo “Crisi d’identità” ( Epilogo ), che aveva, tra l’altro esposta in un’importante Mostra da me curata e diretta presso lo “Spazio Arte” di Bologna, di cui ero Direttore artistico e critico d’Arte.

Il titolo era : “Desertificazione”, tema alquanto invitante ed attualissimo. Parteciparono con opere veramente esemplari, oltre Gilbert, i noti artisti bolognesi Piero Barducci e Claudia Marchi.

Una Mostra di alto livello culturale ed artistico, con intreccio “ardito” tra pittura e scultura. ( 3 ottobre 2008, ore 18 ). Il numeroso ed interessato pubblico, ricordo che invogliò, il riservato Gilbert a dire alcune cose, ad esprimere e far capire la profondità delle sue fantasmagoriche sculture, che tanto affascinò e rese tutti molto colpiti.

La rabbia – Bronzo e vetro di Murano – Gilbert Kruft – 1988

Espose parte dello scritto riportato nel Catalogo dal titolo “Il bronzo che pensa”, curato da Sandra Kruft, 2018.

Trascrivo, la fine del suo scritto, dove espone la sua arte:

“Non avevo più bisogno di oggetti ritrovati. Io scoprivo la già studiata anatomia muscolare. In essa trovavo quella ricchezza della forma libera che mi permetteva qualsiasi combinazione desiderata, con una naturalezza sorprendente nell’espressione corporea accompagnata dalla precisione della forma pura, che mi permetteva un elemento essenziale nella scultura, l’estetica. Non dovevo più “astrarre” un corpo, anzi potevo formare nuove anatomie. Con questa in sé geniale e , nello stesso tempo, umana lingua corporea potevo dedicarmi a quello che mi interessava nel profondo: la parte immateriale dell’uomo”.[..]”. ( Bologna, 6 luglio 2002 )

Questo stesso pensiero che fece chiarezza a tutti gli interessati della Mostra “Desertificazione”, è lo stesso che anima ed illumina questa Mostra dal titolo altamente speculativo come “La Recherche Humaine”.

Una ricerca molto sensibile, invisibile, filosofica, dell’indagare l’essenza non tanto della Vita, ma dell’Essere: di ciò che siamo, di come ci vediamo, di come siamo condizionati dalle diverse contaminazioni esterne, che ne determinano la specificità, la peculiarità, il focus intimo delle nostre identità. Questo è il percorso dell’arte scelto da Gilbert. Un’arte evocativa degli schemi rinascimentali, delle passioni in cui poter entrare “dentro”. Come il grande Leonardo: la sua arte non era speculativa, ma indagatrice. Voleva scoprire leggendo attraverso gli occhi le diversità più nascoste e far emergere il senso dell’interpretazione, del come vedere, del come dare volto all’incanto, alla meraviglia di un creato misterioso, sconvolgente, ma di immensa complessità come : l’uomo.

Uomo senza qualità – Bronzo – Gilbert Kruft – 1974
Uomo senza qualità – Bronzo – Gilbert Kruft – 1974

Gilbert lo definirei un moderno “cantore” dell’uomo. Il suo pessimismo, la sua delusione, essere testimone del decadimento dell’arte, degli eccessi di generalizzazione, del constatare la prevalenza della mortale alienazione, delle nuove solitudini e delle deprivazioni psicologiche  e di una certa “sacralità” dell’esistenza, sono tutte componenti che animano le sue interrogative e provocatorie opere d’arte.

Gilbert non ama la contemplazione, né l’arte per l’arte, né l’arte alla moda.

E’ un libero pensatore e nella materia ha cercato di usare la tecnica della “traccia”, del lasciare il segno, nel saper disegnare una linea invisibile su cui poggiare il contenuto dell’Eros e di Thanatos e di saper sintetizzare il particolare microcosmo che è in noi.

Pretesa maschile II – Bronzo – Gilbert Kruft – 1978

L’essere stato allievo del noto scultore inglese Eduardo Paolozzi è stato determinante per la sua formazione artistica, ma , per la sua natura, di libero ricercatore, ha reso la sua brillante opera  un crocevia di culture nel tracciato ideale dei pensatori e filosofi che vanno dall’antichità fino all’esistenzialismo di Sartre e la fenomenologia di Heidegger.

In lui rinasce il pensiero di quella immortalità che nell’uomo vuole esaltare il “respiro” dell’anima.

                                                                                                                                                                                                                                                                         Franchino Falsetti

                                           Critico d’Arte

Tutte le foto sono state scattate in Sala D’Ercole a Bologna in occasione della mostra: Gilbert Kruft, filosofia in bronzo e sono di Roberto Cerè

 

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