Franchino Falsetti esplora la nuova mostra bolognese
Dina Danish et Jean-Baptiste Maitre – Whatever They Do May It All Turn Out Wrong
Pubblicato il 29/11/2018
La Villa delle Rose, ricca di evocazioni artistiche e storiche della città di Bologna, dal 29 novembre 2018 fino al 6 gennaio 2019 ospita una Mostra realizzata da un due giovani Danish (1981) & Maitre (1978), una coppia nella vita e nell’arte. Entrambi vivono e lavorano ad Amsterdam.
Il Progetto espositivo, come si legge nella nota della curatrice Giulia Pezzoli, “è stata realizzata durante un periodo di residenza di sette settimane presso la Residenza per Artisti Sandra Natali”.
“Graffiti e segni, antichi e moderni, vengono selezionati e traslati in composizioni realizzate su velluto e fogli di linoleum, su tulle, carta e tela. I soggetti ritratti si spogliano così del tempo e dello spazio originari, conquistando un’esistenza rinnovata e indipendente”.
La simmetria delle sale espositive ha suggerito alla coppia franco-egiziana di creare una “scenografia duplicata”: le opere collocate al piano terra vengono riflesse in quelle del primo e viceversa. Con tecniche diverse si cerca di far corrispondere lo spazio con le elaborazioni finalizzate.
I dettagli dei percorsi di ciascun “oggetto” o “frammento” preso in considerazione trovano una esauriente illustrazione nell’artistico e prezioso catalogo, che si legge e consulta in doppio “flash”: un lato A e un lato B ( la seconda faccia perfettamente realizzate come uno “stampo” rovesciato ). Qual è la filosofia di questa inusuale , quasi provocatoria, realizzazione artistica? Forse la si può cogliere nelle parole di Jean-Baptiste Maitre : “Quando si crea, anche se si ha a che fare con i manufatti antichi o con le tracce del tempo, come facciamo io e Dina in questa mostra, si cerca di creare un pensiero nuovo, indipendente dall’analisi storica”.
E’ possibile. Ma io ho colto altre assonanze che ci ripropongo l’attualità della presenza del tempo remoto, di sedimentazioni storiche che agiscono non per sentirci parte unica di un processo di identità, ma di ricercare fonti e motivazioni di una affascinante continuità tra ciò che vive nella memoria e ciò che vive nel nostro agire quotidiano. L’assonanza fondamentale è che il graffito, lo scarabocchio, non sono tracce di presenze lontane, ma tentativi di affermare la propria identità, la propria storia nel divenire. L’esserci e nello stesso tempo ricercare i linguaggi appropriati per poter esprimersi, per poter aggiungere al segno “incomprensibile”, altri che si connotano nei moduli della comunicazione scritta e nelle sue molteplici varietà compositive. Non siamo di fronte ad una Mostra d’Arte, ma di fronte alle potenzialità di un uso sincreto del linguaggio artistico, a ciò che possiamo interpretare quando ci troviamo di fronte alle cosiddette “tracce”, ai “segni” del tempo, a quella presenza dell’antichità nel contemporaneo , ch agisce non sul nostro modo di operare, ma sul nostro modo di pensare e di essere.
Ho colto nella proposta del Progetto espositivo un invito ad rielaborare ciò che conosciamo e lo conosciamo solo nelle sue contestualità storiche e culturali. Invece c’è un invito, in questa proposta, che è quello che già Goethe diceva che per avere creatività bisognava ripensare la conoscenza, il modo di averla conquistata, il modo di saperla ri-comunicare.
L’arte in questo caso non è creatività, ma è ripensare per inventare nuovi linguaggi, nuove prospettive della progettualità “inventiva”.
Lo scarabocchio è in fin dei conti l’origine dell’idea, il graffito è lo schema del pensiero, del nuovo pensiero di cui, soprattutto, i giovani impegnati stanno cercando e che queste opportunità potranno aiutarli per nuovi entusiasmi creativi, per una nuova renaissance.
Franchino Falsetti
Istituzione Bologna Musei / Villa delle Rose
Dina Danish et Jean-Baptiste Maitre
Whatever They Do May It All Turn Out Wrong
A cura di Giulia Pezzoli
Nell’ambito del programma di Residenze ROSE, edizione 2018/2019
30 novembre 2018 – 6 gennaio 2019
Inaugurazione giovedì 29 novembre 2018 h. 18.00