Le parole dipinte di Paola
Testo critico su Paola Marchi a cura di Franchino Falsetti
Pubblicato il 16/10/2018
Dopo aver pubblicato il testo di Franchino Falsetti dedicato a Paola Marchi pubblichiamo oggi l’approfondimento attraverso la videointervista eseguita a casa dell’artista.
Buona visione.
Pubblicato il 06/10/2018
Parole dipinte
In un’epoca in cui convivono gli eccessi della modernizzazione, le avventure illimitate della scienza e della tecnologia, il declino dei valori morali e della cultura occidentale, la caduta di tutte le ideologie e delle religioni, della globalizzazione del presente e dell’omologazione del pensiero e dell’agire dell’uomo, in un mondo dove l’espressione artistica viene condizionata dal mercato e dai modelli consumistici, dove la creatività è sinonimo di edonismo sociale e dove tutto si risolve in un piacere sfrenato della vita nelle sue manifestazioni più istintive ed immediate, in tutto questo gigantesco frullato di contraddizioni e di cancellazioni, il desiderio di trovare protagonisti legati ad una naturale continuità con il “passato” dove siano riconoscibili i segni della memoria, le evocazioni visive e sonore di un “piccolo mondo antico”, non può che essere il provvidenziale antidoto per allontanare questa inesorabile ed inconsolabile agonia dell’uomo contemporaneo.
La produzione artistica della Paola Marchi appartiene a questa tendenza di saper osservare la realtà per renderla non solo piacevole come fruizione estetica, ma di saperla trattare come un primario alfabeto delle armonie visuali e cromatiche.
L’artista Paola Marchi ama i soggetti della sua terra, gli angoli delle sue riflessioni, i luoghi dei suoi pensieri, dei suoi ricordi. La sua tavolozza è variamente composta ed i colori sembrano i “toni” del compositore che cerca nella scala musicale gli accordi di equilibrate assonanze delle proprie rapsodie emotive ed evocative.
La Natura ed il Paesaggio sono i temi ricorrenti della sua arte. Sono, fondamentalmente, le sue radici, i suoi orizzonti, il suo immaginario.
Gli ampi spazi visivi dell’Appennino tosco-emiliano, la sua Vergato e dintorni , sono i fondamenti su cui è costruita la sua “poetica” artistica.
La sua propensione ed espressione figurativa la rendono, fortemente, comunicativa. Senza imitare atteggiamenti ammiccanti, la sua arte è volutamente introspettiva, è ricerca di emotività dimenticate, è discorso profetico, è un piacevole viaggio sentimentale tra le pagine scritte della propria storia intima nel contrappunto dei ricordi.
E questo contrappunto si risolve nel continuum cromatico dei tre colori fondamentali: il giallo, il rosso, il blu. Le cui mescolanze determinano e suscitano varietà infinite di sfumature e nuove combinazioni per ogni altra equilibrata tonalità
L’artista Paola Marchi nelle sue realizzazioni entra,inconsapevolmente, in un certo ruolo del pittore ( anche se dichiaratamente autodidattica ) che è quello di “proiettare ciò che si vede in lui”. Che significa che il pittore vive nella fascinazione. Che significa che non è tanto quello che proveranno gli spettatori, quanto quello che il pittore sente nell’essere “guardato” dalle cose che lo colpiscono, che lo guidano, che lo meravigliano.
Questa sensazione quasi metafisica della riflessività del sensibile si coglie nella vasta ricerca dei pensieri dipinti della sua partecipata produzione artistica prevalentemente ad olio: paesaggi, nature morte, figure umane.
Il pensiero della visione è una costante del suo modello di scrittura : Paola Marchi insegnante di Lettere, con vari interessi ed approfondimenti come la filosofia, la storia locale, la lingua italiana, il dialetto, ha scelto la pittura perché risponde alla sua intima compensazione del linguaggio che ci permette di pensare e di vedere senza parlare. Senza l’uso della parola. Un ritornare alle origini della formazione del linguaggio orale. Nell’immagine risiede il grado empatico dell’incontro, dell’identità, del riconoscimento, dell’intesa, della comunicazione. Un universo dialogico che parte non dall’artistica ma dagli oggetti, dai soggetti che ci guardano, che sono lì in attesa di prendere forma nel pensiero creativo dell’artista e nelle sue elaborazioni corporee del rivivere atmosfere lontane come se fossero immutate nel tempo e nella nostra cultura.
L’artista Paola Marchi mentre sceglie gli spazi visivi della sua minima antologica , con sguardi mobili, ci rende partecipe del suo mondo, la gioia dei suoi indimenticabili ricordi, il fascino misterioso della presenza costante di un genius loci che sembra guidarci attraverso questi bozzetti di memoria, per liberarci nell’infinito delle parole dipinte.
E la pittura ad olio, preferita dall’artista, ne sottolinea ogni intensità e profondità. In lei non c’è solo il desiderio di una scelta tradizionale di una nobile tecnica, ma l’affermazione della propria identità artistica, il suo risalto culturale fatto di un insieme di processualità che mentre rende più plastica l’immagine la trasforma nelle pluralità cromatiche, in successive visioni complementari ed assonantiche.
La pittura ad olio ci trasmette una articolata visione dell’esteriorità esaltando la nascosta nostalgia dell’artista.
In questo si nasconde l’anima sensibile della Paola Marchi : i silenzi delle sue opere: le calde Nature morte e suoi luminosi Paesaggi sono la sua cifra poetica. E’ il suo festoso racconto con gli abiti della domenica di una immutata Infanzia dei sentimenti e dei sogni.
Le opere della Paola Marchi ci comunicano la sua coscienza artistica, la sua passione pedagogica e didattica che diviene consapevolezza di un particolare messaggio, nella precarietà ideologica del mondo contemporaneo, quello stesso che ricordava Paul Klee, in una celebre conferenza (Jena,1924): “Mi è capitato di sognare un’opera di vasto respiro che abbracci l’intero ambito degli elementi, dell’oggetto, del contenuto e dello stile. Questo rimarrà certo un sogno, ma è bene immaginare di tanto in tanto questa possibilità, oggi ancora vaga”.
Prof. Franchino Falsetti – Critico d’Arte