Magnum come una cooperativa di uomini e donne

Due parole sulla agenzia fotografica che ha elevato il rispetto per la fotografia

Magnum fondata da una idea di Roberto Capa

 

Pubblicato il 04/03/2018

Sono ormai giorni che sento la pubblicità relativa ad una recente collana fotografica che raccolga le biografie dei fotografi della più innovativa delle agenzie fotografiche del secolo scorso: l’agenzia Magnum. Quelli della mia generazione sono nati con pellicola nella mano sinistra, fotocamera reflex con lo sportellino nella mano destra e fotografie di almeno due fotografi Magnum nella testa. Non nascondiamocelo.

La prima agenzia fotografica che valorizzasse il lavoro del reporter e rispettasse il diritto di possesso dei negativi prodotti fu l’Agenzia Magnum; senza l’idea di associarsi in una specie di cooperativa fotografica ideata da quel rivoluzionario di Robert Capa (abbiamo ricordato di lui in occasione della commemorazione di Gerda Taro, la sua compagna) non ci sarebbe stato concesso il comprendere, per quegli anni, la dignità e l’impegno del lavoro fotografico, prima di ritornare (oggi) alla solita struttura ricattatoria del sistema di mercato. Quegli anni dell’avvio e del consolidamento della Magnum ci hanno mostrato che le cose con libertà di scelta si possono fare, si possono sviluppare e si possono imparare.

Noi tutti, che avremmo scoperto di avere una passione per la fotografia, non avremmo potuto avere la possibilità di imparare un sistema e una capacità fotografica che, anche senza scuole ed accademie, ci potesse portare ad un risultato fotografico condivisibile e a volte potente. Non credo che sia un caso che gli ultimi Fotografi, anche italiani, di cui si ricordino i nomi siano nati dilettanti, cresciuti amatori e diventati professionisti mentre oggi, con tanto studio sulle spalle delle nuove leve, non riesco ad individuare un fotografo che regga la “sterzata” per più di una manciata anni.

Roberto Capa, Parigi, autunno 1935.
Robert Capa, Parigi, autunno 1935

Queste considerazioni mi sono venute naturali fin dal primo momento in cui ho aperto il manifesto allegato alla prima uscita della collana, il volume dedicato al solito Mc Curry; in quel manifesto, deturpato dalle pieghe di stampa, si dispiega una fotografia di gruppo eseguita da Elliott Erwitt riguardante i fotografi Magnum nel 1988. Ed è nei dettagli che si comprende come la sostanza di quegli uomini e quelle donne sia cambiata nei confronti dell’avanzato mondo contemporaneo; innanzitutto è una foto di gruppo, non è un dettaglio da poco visto che il massimo che siamo capaci di accontentarsi di un selfie con, al massimo due o tre, soggetti a loro assonanti. Altrimenti: sempre da soli.

Gli altri dettagli del manifesto allegato sono “particolari” che denotano la grandezza del fare rispetto alle sciocchezze dell’apparire:

guardate le scarpe dei soggetti: sono consunte, impolverate, non curate, quasi casuali ma efficaci al lavoro che devono svolgere e pronte a raccontare;

guardate le targhe che indicano gli ingressi dell’Agenzia fotografica più importante del mondo: semplici frecce a fondo bianco in cui il testo sembra scritto a mano;

guardate le fotocamere, antiche di lavoro, sbrecciate e consunte con anni di lavoro sulle spalle dell’otturatore;

guardate gli obiettivi: tutti a focale fissa, ovvero, è ancora vivo l’invito a considerare i propri piedi come l’unico zoom legato al vedere;

guardate l’ingresso della più grande e stimata Agenzia fotografica al mondo: sembra l’ingresso di casa della zia di Marcel Proust, con cavi in vista e zone non ben intonacate;

guardate il “look” dell’abbigliamento: tutti abiti utili allo scopo (raccontare per foto) che non concedono nulla all’edonismo contemporaneo dell’apparire professionisti;

guardate.

Questi sono gli uomini che hanno provato a dare dignità al loro lavoro di fronte a coloro che, ancora oggi i più, considerano come un vezzo semplice quella attività di raccontare per immagini e che si ritrovano, ormai tutti, nelle stesse condizioni di lavoro che esistevano prima della fondazione della Magnum.

FRANCE. Paris. Fenelon college. 1988. Magnum photographers during the annual meeting. Back row (standing): Paul Fusco, Raymond Depardon, Leonard Freed, Peter Marlow Middle row (standing): Ian Berry, Steve McCurry, Abbas, Inge Morath, Patrick Zachmann, Sebastiao Salgado, David Hurn, Stuart Franklin, Philip Jones Griffiths, Constantine Manos, Chris Steele-Perkins Front row (mixed): Burt Glinn (standing), Eve Arnold (squat), Jean Gaumy (standing), Rene Burri (squat in front of Jean), Josef Koudelka, Harry Gruyaert, Martine Franck, Susan Meiselas, Ferdinando Scianna, Bruno Barbey (standing), Marco Bischof (standing)
FRANCE. Paris. Fenelon college. 1988. Magnum photographers during the annual meeting.
Back row (standing): Paul Fusco, Raymond Depardon, Leonard Freed, Peter Marlow
Middle row (standing): Ian Berry, Steve McCurry, Abbas, Inge Morath, Patrick Zachmann, Sebastiao Salgado, David Hurn, Stuart Franklin, Philip Jones Griffiths, Constantine Manos, Chris Steele-Perkins
Front row (mixed): Burt Glinn (standing), Eve Arnold (squat), Jean Gaumy (standing), Rene Burri (squat in front of Jean), Josef Koudelka, Harry Gruyaert, Martine Franck, Susan Meiselas, Ferdinando Scianna, Bruno Barbey (standing), Marco Bischof (standing) – (ph. Elliott Erwitt)

 

Testo di Roberto Cerè per la rivista Millecolline

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