Disordinate geometrie interiori
Francesca Woodman muore a 23 anni ma lascia una eredità
Pubblicato il 19/01/2018
A soli 23 anni scompare una fotografa quasi sconosciuta che ha influenzato moltissimi giovani fotografi a venire. Senza poterlo immaginare.
A ben guardare, quando Francesca Woodman decise di togliersi la vita io avevo la sua età e, a pensarci bene, qualche tempo prima avevo letto un articolo sul suo modo di fare fotografia quando trovai le sue immagini accattivanti ma, non essendo il mio genere fotografico, non ci feci molto caso e sfogliai la rivista proseguendo nella ricerca di qualche pragmatico articolo sulla tecnica fotografica o sui grandi fotografi dei tempi che furono. Non sentii più parlare di F. Woodman; in fondo quelli erano i giorni in cui si cominciava a chiedere al pubblico di dedicarsi ai grandi nomi, ovvero quei nomi che potevano assicurare cospicue entrate ai soliti investitori e costruttori di tendenze artistiche legati al mercato. Come poteva competere una ragazza di soli 23 anni con fasi turbolente ed immagini così poco vendibili?
La ragazza dalle “disordinata geometrie interiori” era figlia d’arte (come amano dire gli accademici) ed era nata a Denver da madre ceramista/scultrice e padre pittore/fotografo. Le sue biografie indicano che Francesca iniziò a fotografare come autodidatta a 13 anni poi studiò alla Rhode Island School of Design (RISD) di Providence, tra il 1974 e il 1978 poi i suoi genitori acquistarono una tenuta in Toscana dove iniziò a trascorrere qui i suoi anni italiani in cui proseguì la sua formazione per poi trasferirsi a Roma e, di seguito ai primi piccoli riconoscimenti, fece ritorno in America, a New York. Fine. Se volete conoscerne di più sulla sua vita non avete altro che cercare il suo nome sul WEB. A me serve altro.
Leggendo le biografie della giovane fotografa veniamo a conoscere che la sua scoperta fu postuma grazie ad una mostra che, nel 1986, gli dedicò il Wellesley College e ad un docufilm a lei dedicato: The Woodmans, diretto da C. Scott Willis. Ma è osservando, oggi, le sue fotografie si scopre come la breve vita di questa giovane abbiano influenzato tante tendenze fotografiche che troviamo nel nostro contemporaneo e qui potremmo fare almeno due considerazioni: il mondo dell’arte ormai dominato dall’andamento della legge di mercato ha quasi completamente dimenticato il suo valore mirato a valorizzare le espressioni dell’Arte e quindi pare essere incapace di “scoprire” talenti ma, soprattutto, di sorreggerli mentre, il pubblico, ha perso il suo senso di curiosità adagiandosi nel rassicurante mondo dell’arte predisposta per lui dai grandi numeri in cui ama confondersi.
Ma, sotto la cenere cova ancora il fuoco, e la prova ne è che ancora oggi le “avanguardie” fotografiche sembrano essere veramente debitrici dal lavoro fatto da una ragazza di 23 anni che, in sole, poche, centinaia di scatti ha raccontato una via tortuosa e priva di soddisfazioni che la possano alimentare. Provate a confrontare le foto di Woodman con le foto dei giovani foto/artisti contemporanei; troverete più analogie che diversità.
Credo che il punto su cui fermarsi, ricordando la vita di Francesca Woodman come doveroso pretesto, riguardi la scarsa propensione di tutti noi nel proporsi anche solo come esploratore di generi diversi e lontani da quello che consideriamo “nostro” senza accorgersi di cadere in una rassicurante rete di luoghi comuni che ci impedisce di osservare ciò che ci piace e ci addestra al piacerci nel fare ciò che piace a tutti cercando di emularlo continuamente.
Testo di Roberto Cerè per Millecolline
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