L’attualità dei classici in una società senza maestri. [n.13 ]
Ogni tanto si presenta questo “lamento” e qualche sensibile intellettuale come Edmondo Berselli ne ha scritto un esilarante libro dal titolo : “Venerati maestri. Operetta immorale sugli intelligenti d’Italia” (2006). Ma l’ironia e la satira non fanno più effetto. Non scuotono più le coscienze e non fanno “rumore”. I mass media hanno tritato ogni nobile manifestazione dell’animo umano e banalizzato ogni suo , altrettanto, nobile comportamento. Le cosiddette chiave di lettura, sono patrimonio dei soliti monomaniaci del perfezionare, con accademismi incomprensibili, gli arnesi dell’iperuranio incomunicabile della lettura e della letteratura di oggi. Da molto tempo i “maestri” sono sati sostituiti dagli “stregoni” della comunicazione elettronica e mediatica, che si occupano solo del presente e cucinano le informazioni per mostrarsi e per esibirsi in un defilé fatto di amenità ed insulse mode trash. Tutto questo sconvolgimento è una delle tragiche eredità dei cascami culturali del secolo scorso. Non è una “perla” del XXI secolo, ma il graduale abbandono e disinteresse per il valore del tramandare o del trasmettere. Ciò che altri chiamavano tradizione. Ma per tramandare devono esistere delle idee, degli uomini che le abbiano pensate e capaci di elaborarle per consegnarci una continuità della “memoria” storica ed antropologica. Gli intellettuali non pensano più, non sono più quei “chierici” vagantes, che facevano circolare pensieri e visioni del mondo, sollecitando gli artisti e gli scrittori ad esserne fieri o critici interpreti. “ Un’opera d’arte porta in sé la conferma del suo valore. Un pensiero artificiale o esagerato non sopporta la trasposizione in immagini. Le opere d’arte invece che hanno cercato la verità profonda e ce la presentano come una forza viva, si impossessano di noi, si impongono a noi e nessuno potrà mai confutarle, neanche in futuro….”. ( Solgenitzyn, )
Gli intellettuali nell’età contemporanea sono stati sostituiti dagli opinionisti senza macchia e senza paura, assidui frequentatori dei talk show ( salotti senza identità culturale ed incapaci di esprimere “idee” ) ; i docenti ( od insegnanti ) sono divenuti anche, nel loro svolgimento professionale, dei perfetti showmans : il sapere diventa oggetto di spettacolarizzazioni e di performance illimitate. L’insegnamento non esiste più. La civiltà tecnologica ha sostituito ogni reale forma di relazione, di dialogo, di coinvolgimento, di discussione, di istruzione, di conoscenza, di sviluppo di ogni modalità dell’immaginare, di sognare, di credere che possano esistere le “utopie”, di continuare a possedere e ricevere la “fiammella della eredità di pensiero e di azione”.
Abbiamo installato il consolatore e pianificatore per eccellenza: il grande fratello Twitter, che ha annullato ogni differenza e consente ai soliti “quattro amici al bar”, di sentirsi dei premi nobel.
I Maestri sono scomparsi. La tecnica e la tecnologia, da strumenti sono diventati contenuti, obiettivi per una nuova cultura dell’essere e per una nuova etica di indecifrabile futuro.
Ma in una società sempre più dissociata, sempre più alienata e disposta ad abiurare i testamenti di vita e dei valori secolari dei “padri”, quelli che ci hanno consentito di arrivare fino ad oggi ; in una società priva di veri maestri, testimoni e capaci trasmettitori di questa preziosa eredità, forse ci rimangono i “classici”, prima ancora di leggere i “contemporanei del futuro”, che Italo Calvino definiva : “ Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire”.
Franchino Falsetti
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