Quando una mostra fotografica varca i suoi confini
Linea Gotica
Monteveglio in Valsamoggia, 16/04/16, S.Teodoro.
La Grune linie II°, altrimenti detta Linea Gotica, mostra ancora di essere capace di suscitare silenzi a distanza di 71 anni. Certo, sono silenzi di chi ne conosce il peso e ne comprende le vicende; non ci affanniamo certo a buttare via il nostro tempo a descriverli agli appassionati del disimpegno imperante. A Monteveglio, in una piccola sala del Centro S.Teodoro, senza farne pubblicità, sulla strada per l’Abbazia è stata allestita dall’ANPI Valsamoggia una mostra fotografica a cura di Aniceto Antilopi che descrive la “Gotica” ripercorrendone, confini, crinali e luoghi dall’Adriatico al Tirreno per poi riportarne fotografie di luoghi dove sono accaduti scontri e incontri di uomini di cui, ormai, pochi possono raccontare con le voci emozionate di chi le ha vissute. Rimane la fotografia di oggi, rimane il suo invito a visitare questi luoghi per capire, questi luoghi esistono; questo sembrano dire le immagini di Antilopi. Non sono una fiction da dimenticare appena arriva la pubblicità. C’è stato un tempo in cui uomini e donne dei nostri appennini e delle nostre pianure ebbero a che fare con qualcosa di più grande di loro; qualcosa che imponeva di fare delle scelte, qualcosa che rendeva i giorni e le notti un pericolo senza riposo. Questi luoghi restano e raccontano ancora. Sono ancora lì nonostante si sia cercato di dimenticarli, di cambiarne il senso, di appiattirne i conflitti, di mischiarne le posizioni, di invertirne il senso. Leggendo fra le foto dei cippi disseminati per centinaia di chilometri trovi racconti, gesta, ricordi grevi di genti di ogni luogo e trovi scritto, chiaro, chi stava da una parte e chi stava dall’altra, combattenti, certo, ma scopri che questo non è un pretesto sufficiente per confondere dove stia il giusto e lo sbagliato. Io dico: non andate a vedere questa mostra se siete sicuri di essere dalla parte di chi vi ha raccontato la parte migliore dove stare, non ci andate, andateci invece se volete sapere le cose dette da chi la ha trapassate e scritte prima che diventassero inquinate dalla retorica delle parole nate per diluire. Non c’è rumore in questa mostra, non ci sono cannoni, non ci sono panzerfaust, nessuna MG42, nessun Thunderboldt, nessuna Swimmwagen, nessuno Sherman, nessun Panzerjaeger, niente FLAK, nessun tracciante, nessun mortaio da 81mm. Solo luoghi, luoghi e ricordi in cui vivevano uomini e donne travolti da giorni in cui una decisione presa un solo secondo poteva voler dire la scomparsa di una vita e i giorni in cui molti uomini non trovarono giusta questa condizione e la combatterono. Luoghi in cui ora, spesso, la natura ha ammorbidito i graffi riprendendo il sopravvento. Una delle attività più avanzate in cui si prodiga il genere umano non è la ricerca di progresso o di benessere ma trovare sistemi e metodi per dimenticare. Questa mostra fotografica nata per celebrare il 25 aprile 2016 sembra poterlo evidenziare ed invita a rallentare ed osservare, ma non dimenticare.
Roberto Cerè
Diritti Riservati