La rivista spagnola FV ci comunica l’esito di una sua ricerca: Gerda Taro morì a El Escorial.
Gerda Taro
Sapevamo che la rivista Millecolline fosse letta, spesso, oltre il confine italiano (riceviamo molte mail in inglese, in spagnolo o portoghese) e siamo orgogliosi che l’articolo che abbiamo dedicato a Gerda Taro sia stato letto dai redattori di FV (Foto-Video Actualidad) e siamo orgogliosi della correzione che ci fanno sottolineando l’esito di una loro scoperta relativa al vero ospedale dove la Tarò trovò la morte il 26 luglio 1937.
Da oggi sappiamo, grazie alla rivista FV, che Gerda Taro morì all’ospedale El Escorial e non all’ospedale El Geloso come comunemente noto fino ad ora ( e come erroneamente scritto anche da noi).
Ecco cosa ci scrive la redazione di FV a proposito delle loro ricerche e del risultato ottenuto:
La più antica rivista fotografica spagnola ancora in stampa, FV, ha pubblicato un articolo in occasione dell’ 80 ° anniversario della morte della fotografa Gerda Taro. L’ospedale di El Escorial, dove morì il 26 luglio 1937, dopo essere stato colpito da un serbatoio durante la guerra civile spagnola, è stato identificato in modo inequivocabile in questo articolo.
Come commemorazione dell’80 ° anniversario della morte della fotografa Gerda Taro (Stoccarda, Germania, 1 agosto 1910 – El Escorial, Spagna, 26 luglio 1937), FV (Foto-Vídeo Actualidad), la più antica rivista fotografica ancora in stampa in Spagna , ha pubblicato un articolo speciale inconfondibilmente identificando l’ospedale di El Escorial dove morì nel 1937.
Prendendo come fonte il libro “Gerda Taro, Fotoreporter” del ricercatore tedesco Irme Schaber (ISBN 978-3894454661), finora, l’ospedale “El Goloso di El Escorial” era stato erroneamente indicato come il luogo della morte di Taro. A causa delle indagini di FV, è stato possibile stabilire al di là di ogni dubbio che Gerda Taro è morta nell’ospedale numero II di El Escorial, noto come l’Ospedale inglese. Fu collocata nel Seminario di San José dei Sacri Cuori in quel villaggio spagnolo.
L’edificio originale, costruito negli anni venti, fu poi demolito per cedere il posto a una costruzione moderna alla fine degli anni Sessanta. Si trova all’Avenida de los Reyes Católicos 12 a El Escorial (Madrid, Spagna).
Durante i primi mesi della guerra civile spagnola fu utilizzato come ospedale improvvisato e nella primavera del 1937, in preparazione per ciò che sarebbe successivamente la battaglia di Brunete, divenne l’ospedale della 35ma divisione internazionale dell’esercito fedele.
La rivista FV pubblica documenti, mappe e la foto inedita dell’edificio utilizzato come campo ospedaliero.
L’articolo termina con una cronaca su una foto presa dal giornalista belga dello stesso giornale per il quale Gerda Taro ha lavorato, Ce Soir, Mathieu Corman (1901-1975). Questa foto di recente scoperta mostra l’auto di Gerda Taro sul campo di battaglia, solo pochi mesi dopo l’incidente mortale.
Noi ringraziamo la rivista FV per aver corretto il nostro articolo facendoci diventare fra i primi testimoni a diffondere la notizia e a correggere un piccolo pezzo di storia. Grazie FV.
Il 26 luglio 2017 abbiamo pubblicato:
Gerda Taro, fotografa ai tempi dell’azione e della politica
Ricordiamo la prima donna fotoreporter a morire sul teatro di guerra
Ottanta anni fa, il 26 luglio 1937, una colonna di uomini e mezzi repubblicani stava ripiegando dal terreno di battaglia di Brunete dove, per un soffio, sfiorarono la vittoria contro le truppe supportate dai nazifascisti di Francisco Franco. Un volo di caccia a bassa quota portò lo scompiglio fra la colonna che venne mitragliata. Una frazione di secondo fatale per molti uomini, ma fra quegli uomini c’era anche una donna che, a seguito dell’urto di un carro armato contro il camion che la trasportava sul predellino, cadde a terra e rimase schiacciata da un cingolo che le fracassò bacino e stomaco. Quella donna era nota sia per la sua bellezza che per la sua determinazione quando, armata della sua macchina fotografica, esortava i miliziani a combattere, accompagnandoli in prima linea. Quella donna si chiamava Gerta Pohorylle ma era conosciuta al mondo come Gerda Taro; era l’inseparabile compagna di Endre Friedman, conosciuto al mondo con il nome di Robert Capa. Gerda Taro e Robert Capa erano ebrei comunisti, lei di origine polacca e lui di origine ungherese. Gerta e Endre riuscirono a trovare un sostentamento a Parigi dove si conobbero dopo essere fuggiti dalla Germania nazista che prometteva loro un futuro di deportazione nei lager già efficienti nell’eliminare gli avversari politici.
Fu a Parigi che, per riuscire a vendere le fotografie dei loro reportage, Gerta e Endre, si inventarono la figura di un fantomatico fotografo professionista americano, celebre nel proprio paese, giunto in Europa per raccontarla con le sue fotografie: Roberto Capa. Le commissioni fotografiche, dopo quell’azzardo, cominciarono ad aumentare fino a raggiungere una certa fama ed un certo benessere. Fu in questo periodo che, nel 1936, la coppia di fotografi, decise di partire per la Spagna con l’intento di documentare la guerra attraverso i loro occhi.
I reportage di Gerda sul fronte della battaglia di Brunete la portarono ad una rapidissima fama ma le fu anche fatale. Gerda Taro fu trasportata con massima urgenza all’ospedale “El Escorial” (non all’ospedale “El Geloso” come erroneamente creduto prima delle ricerche della rivista FV) a Madrid e, durante il trasporto, era lei stessa che trattenedo le proprie viscere non perse mai conoscenza. Furono chiamati i migliori chirurghi della capitale ma per Gherda non c’era più nulla da fare e dopo ore di tentativi ordinarono alle infiermiere di somministrarle più morfina possibile per non farla soffrire troppo. Si dice che fino all’ultimo chiedesse se, nell’incidente, le sue macchine fotografiche “si erano rotte”. Alle 5 del mattino del 26 luglio 1937 si spense, semplicemente “chiudendo gli occhi”. In quell’istante morì Gerda Taro, la prima fotoreporter donna della storia a morire in un teatro di guerra.
Il suo compagno, Robert Capa, era a Parigi per impegni di lavoro e non poté essergli accanto; si dice che, dopo la perdita di Gerda, Robert cercasse sempre di documentare teatri di guerra pericolosi anche per raggiungere presto la sua donna, morta in modo così terribile.
Robert Capa raggiunse Gerda a Thi Binh in Indocina, il 25 maggio 1954, dilaniato dallo scoppio di una mina.
Furono 200.000 le persone che seguirono il funerale di Gerda Taro a Parigi fino al cimitero di Père Lachese e, qualche anno dopo, la sua tomba fu violata dalla mano nazi-fascista, inoltre, l’epitaffio fu censurato nel 1942 dal regime collaborazionista francese e non fu più restaurato. Nel giorno della sepoltura, Pablo Neruda e Louis Aragon composero un elogio che lessero in sua memoria, mentre ad Alberto Giacometti venne chiesto di realizzare il monumento funebre.
La piccola tomba di Gerda Taro rimane, isolata fra tante, fintamente dimenticata; come sempre, la storia degli uomini abbandona la memoria di chi ha combattuto per ideali quando a comandare sono solo avidità ed interesse.
Roberto Cerè
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