E continuiamo a chiamarla donna…
Di Franchino Falsetti.
Il calendario ci richiama, ancora un a volta, alla memoria, che domani sarà l’8 marzo. Non più una ricorrenza religiosa, ma una ricorrenza civile: Festa della donna. Una festa che, ormai, non evoca più sentimenti di solidarietà o pieno sostegno all’altra metà del cielo. Una festa che è, inesorabilmente, passata nella “voragine” del mondo pubblicitario e dell’industria culturale italiana e mondiale. Le cartoline illustrate non sono più di moda e tutto si è trasformato nelle seducenti pubblicità, dove ancora la donna deve celebrare se stessa, la propria immagine, un’obbligata immagine di seduzione, di fonte di evanescenti piaceri e di edulcorati sentimenti. Una nuvola fumettistica che rende questa importante appuntamento annuale, alla stregua dei “baci perugina”. Di fatti, dopo il 14 febbraio ( baci ) arriva l’8 marzo ( mimose e profumi ) e poi la festa della mamma nel mese di maggio, il mese delle rose (i colori dell’amore ).
Tre date obbligatorie nella supina ritualità contemporanea, dove si “festeggia” per dimenticare. La società post industriale e liquida continua ad imporci a vivere la vita come “costume” e non come “cultura”.
L’8 marzo dal 1914, in tutto il mondo ha sempre avuto significati diversi, però legati al progresso ed all’emancipazione dei ruoli e dei diritti della donna. In Italia, subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, l’UDI ( Unione Donne Italiane ) è stata una grande protagonista di molte battaglie significative e determinanti per questa causa, non solo nobile, ma necessaria, poiché l’uomo e la donna non sono due “categorie” da contrapporsi, ma due realtà naturali che vivono e convivono con la vita e ne sono parte inscindibile. Non abbiamo bisogno di giustificare o tollerare episodi che, ancora oggi, sono impensabili, ma accadono come se non esistesse la parola “civiltà”. Non si può pensare che i giornali, i mass media in generale, ogni giorno diffondano notizie di “inciviltà” e di offesa alla dignità della donna ed alla sua inviolabile integrità come persona.
La donna non è un’altra cosa. Non è l’oggetto dei piaceri, né delle giustificate leggerezze dell’uomo desolato e sconsolato. Non è più ammissibile che una brutta parola come “femminicidio” possa imporsi come una fatalità che può snaturare la vita di una coppia, di una famiglia, di un’intera società. Non si può essere complici ed indifferenti a questo trend inammissibile ed ingiustificabile.
Penso che sia necessario far entrare nelle scuole di ogni ordine e grado non tanto l’ora di religione, quanto l’ora della cultura della persona nelle due espressioni caratterizzanti : uomo e donna. Questo non significa introdurre un’altra materia . Non abbiamo bisogno di trasformare la conoscenze del rispetto della persona e della personalità come se si dovesse procedere in senso “disciplinare”. Dovrebbero essere conversazioni di cultura e di dialogo costante, perché l’amore non è solo quello legato all’affettività dei sentimenti, ma alla conoscenza profonda del nostro modo di essere e di agire nelle diverse motivazioni e situazioni.
Avere questo tipo di educazione sentimentale vuol dire rendersi conto della propria persona e del proprio ruolo (come per esempio sapere del valore di diventare madre, cioè procreatrice: l’unica capace di dare vita e dare continuità al genere umano). Una tale consapevolezza non potrebbe mai giustificare l’aberrante ideologica “dell’utero in affitto”, di cui si parla, senza cultura, oggi, in Italia ed in certi paesi, certamente avanzati, ma che mortificano la donna, la sua libertà, la sua dignità. E non è solo l’uomo artefice di questa operazione che cancella il valore supremo della maternità, ma sono, soprattutto, le donne che si sottomettono all’affermazione di nuove forme di sfruttamento e di negazione di ciò che è di più naturale e straordinario tra gli eventi vitali : la maternità senza alcuna speculazione né privata né pubblica ( nel senso di mercato omologante delle nascite ).
La Donna deve riprendersi la sua specificità, il suo status, il suo ruolo.
I suoi diritti sono quelli dell’uomo ed insieme devono realizzare il sogno di una umanità più serena , nella continuità di valori , che, come la nascita, diventano la vita per tutti noi e per le generazioni che verranno.
Se l’ideale di Bellezza è Donna, allora dovremo, nel giorno di domani,
8 marzo,e, non solo, scrivere questo biglietto di auguri:
“ Ave, Signora della Terra, piena di Amore e di Bellezza, il tuo uomo è con te ed insieme, procederemo per rendere questo mondo meno egoista, più vivibile e più sereno. Lavoreremo, nel calore degli affetti e del rispetto reciproco, per consegnare ai nostri figli, alle nostre comunità una educazione e formazione per una sentita e partecipata coscienza solidale e fraterna per tutti”.
Franchino Falsetti
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