Editoriale
L’Editoriale Millecolline
Pubblicato il 09/10/2021
E la chiamano democrazia
Le elezioni sono appena terminate e come al solito tutti si sentono vincitori o protagonisti pieni di soddisfazioni dei risultati comunque raggiunti.
In queste elezioni un dato non va sottovalutato: la scarsa partecipazione alle urne. Per le elezioni comunali o nazionali, questa tendenza solleva non poche preoccupazioni, anche se altrove si eleggono con meno del 30% dei votanti. Ma non è questo di questo che vorrei soffermarmi.
Dalla nascita della nostra democrazia, molti valori sono scomparsi, malgrado la nostra illuminate Costituzione. I partiti hanno rappresentato le ideologie che dialetticamente ne alimentavano la presenza e le progettualità. Ed il loro operato si svolgeva in Parlamento dove erano rappresentanti degli elettori, ed ognuno in proporzione ai voti ricevuti.
Erano gli alfieri della partecipazione e del coinvolgimento culturale e politico. Illustri professori ed accademici famosi sono stati calorosi combattenti e grandi riformatori. Poi le cose si sono involute con l’abbattimento dei confini ideologici, le trasformazioni rapide delle storiche democrazie come gli stati Uniti e la Gran Bretagna, ed inoltre l’avvento della globalizzazione, fenomeno mondiale come preferiscono dire i francesi “mondialisation”.
Questi tra i più eclatanti eventi hanno modificato, sostanzialmente, il “sistema” della democrazia ed hanno creato una sorta di liberalizzazioni di regole, comportamenti, formazioni e le basi essenziali ( valoriali ) di cui era distintiva rispetto ad ogni altra forma di forma. Siamo passati dalla rappresentazione della volontà popolare alla relativizzazione del reale, dell’effimero, dell’effettuale.
L’attuale sistema democratico ha generato forme di infantilismo politico, come il populismo, le liste civiche ad personam, i movimentisti, i girotondi, i flash mob,la degenerazione di ogni vera forma partecipativa. È nata l’ondata contestativa basata sull’emanazione autoreferenziale: dalle quote rosa alle quote verde, dalla presunzione giovanilista all’ignoranza diffusa su ogni problematica culturale e sociale.
Tutti parlano di tutto. Chiacchiere volanti, come gli allestimenti spettacolari, ma nessuna consapevolezza sul vivere e risolvere i problemi veri, concreti della società. Un nuovo clientelismo, fatto di slogan, frasi fatte, prive di ogni disegno progettuale, soprattutto, organico e programmatico è quello che ci governa.
Una democrazia sempre più aperta al mercato o non alla realizzazione di progetti educativi, di formazione civica e di reali professionalità. La democrazia curava il diffondere dei comportamenti partecipativi ed associativi ed alla formazione pratica del conoscere i modelli ideologici e le proficue battaglie dialettiche, i risultati dei ricercatori delle nuove dinamiche sociali, le proposte, non astratte, dei progettisti del futuro e del benessere.
Oggi, invece, la democrazia, che ha perso le sue tradizionali Agorà, ha trasformato le Società in veri bazar, dove la parola d’ordine non è crescere, ma mescolarsi, destrutturando ogni autentico valore e deprivando tutti delle nostre identità culturali, tradizionali e politiche.
Franchino Falsetti