EDITORIALE Millecolline. Il mondo che abbiamo conosciuto

Editoriale della domenica

L’Editoriale Millecolline

Pubblicato il 26/01/2025

Il mondo che abbiamo conosciuto

Abbiamo attraversato molte penombre nel periodo di transizione verso il XXI secolo, ma è certo che questo primo quarto di secolo (appena iniziato) ci sollecita molte considerazioni e qualche preoccupante riflessione.

Il mondo che abbiamo conosciuto non c’è più!

È stato inghiottito dalla voragine delle rapide trasformazioni, non solo di odine epocale ma da mutamenti che potremmo dire di natura antropologica, dove il senso comune ha subito una sua alterazione e il farsi capire o cercare di capire sono le nuove piste su cui è possibile percorrere il proprio smarrimento, l’incapacità di sentirsi soggetto sicuro ed autonomo del fare e del comunicare.

Abbiamo bisogno di infrastrutture mediatiche che predispongono per noi modelli di pensare e di dire. Come la rete dei social e dei network e questi decidono per noi, fino a operare persuasioni occulte per compiere ogni atto privo di razionalità, di responsabilità, di comprensione.

E così in forme diverse: dai focolai di guerra, alle manifestazioni violente (prive di contenuti e di motivazioni pensate), una violenza per la violenza. Un’onda distruttiva che non solo colpisce i tutori dell’ordine, lo Stato, la sicurezza del cittadino, la propria dignità di appartenenza ad un determinato modello ideologico.

Si vive una sorta di interregno, dove possono nascere i mostri, quelli che già incontriamo e che minacciano la nostra vita, il senso del vivere in una società compiuta nel rispetto di un sistema valoriale che regola le nostre relazioni in piena convivialità.

Il mondo che abbiamo conosciuto era questo: decenni di pace, di valorizzazione della vita terrena e delle operosità e maturità dei popoli di antica civiltà e di quelli emergenti.

Le degenerazioni del capitalismo, gli effetti della pandemia, hanno sprigionato effetti di disordine, di disgregazione di disumanizzazione.

La tecnologia più avanzata e l’intelligenza artificiale stanno automatizzando il nostro sapere ed i nostri comportamenti. Non viviamo più di esperienze e di razionalità. Pertanto la conoscenza è legata ad un certo nichilismo sperimentale votato al sadismo, all’anarchia, alla soppressione di ogni libera espressione o forme identitarie.

La spettacolarizzazione dell’informazione, il vivere sempre più senza regole ed ostili alle realtà istituzionali, al saper agire nel rispetto dell’altro, hanno creato un mondo di scorie, di demotivazioni, di cancellazione della propria sfera emotiva e del proprio mondo interiore.

È stata cancellata la dimensione spirituale dell’uomo: si vive considerando il presente come certezza naturale della vita e non quella soprannaturale.

Il disincanto provocato dall’illuminismo, presente ancora nel mondo che abbiamo conosciuto, oggi non esiste più. Viviamo nel tempo della negazione e dell’ostilità verso chi non pensa secondo un certo gruppo di pressione o di potere. Questo è fascismo! Una censura mascherata di falsa ideologia per privilegiare chi deve ottenere favori, consensi e presenze autoritarie.

La dialettica è morta da tempo. Il dissenso è stato bandito dovunque. L’articolo 21 della Costituzione è solo oggetto di nostalgica aggregazione ma non è rispettato od addirittura stravolto dalle incivili manifestazioni che non esprimono il libero pensiero, ma solo la brutalità dell’ignoranza e della violenza.

Questo quarto di secolo ha murato il mondo che abbiamo conosciuto e tra vari deliri di onnipotenza ha inaugurato frammenti di oblio, di cancellazione dei territori, del nostro riconoscibile habitat. La mappa che si sta disegnando è quella del cosa c’era prima.

Stiamo perdendo i punti di riferimento, i raccordi di orientamento, le identità dei luoghi, del calore dell’incontro e dell’aggregazione. In questo periodo dove nascono solo mostri, non si può più parlare di generazioni, ma di post generazioni.

La realtà virtuale è già iniziata. Si pensa di vivere sulle macerie prodotte: macerie non solo fisiche, ma ideologiche, di pensiero.

Si è aperto il Giubileo per comunicare che cosa? Per costruire quale Speranza? In un mondo dove il cono d’ombra dell’irrazionalità ha banalizzato persino il “giorno della memoria”! Vorrei che ci fosse meno indifferenza, poiché ciò che stiamo vivendo sarà più distruttivo di mille bombe atomiche. E non si potrà tornare indietro!

La diaspora del genere umano è già iniziata e qualcuno parla di “suicidio dell’Occidente”.

“Che cosa vuol dire essere civilizzati? Non basta aver studiato, leggere molti libri, tantomeno portare la cravatta, mangiare con la forchetta o tagliarsi le unghie regolarmente. Sappiamo bene che alcuni “civilizzati” di questo tipo hanno commesso veri e propri atti di barbarie”. (Tzvetan Todorov, Agorà, 2008)

 

                                                                     Franchino Falsetti

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