EDITORIALE Millecolline. Vorrei essere ottimista… ma

Editoriale della domenica

L’Editoriale Millecolline

Pubblicato il 05/01/2025

Vorrei essere ottimista… ma

Sono appena trascorsi alcuni giorni del nuovo Anno 2025. Non è cambiato nulla. C’è un passa mano inesorabile.

Si sono registrati nuovi atroci episodi di violenza, di stragi sulla folla inerme, sulla sicurezza della propria vita. Nuovi femminicidi, risse omicide, nascita con due mamme (a Trieste) per iniziare col segno della “diversità” (con acclamazione locale) e la continuità silente del disordine sociale e culturale di una passatista democrazia, come quella italiana, in cerca di salvagenti da bassa marea.

Come l’atteso discorso del Capo dello Stato, recitato con toni di compiacimento, di messa in scena teatrale alla Edoardo e della soddisfatta elencazione di emergenze della quotidianità, di luoghi comuni come “i giovani sono una risorsa” ma… non sono preparati e non frequentano scuole che rispondano all’obiettivo: diventare cittadini italiani, non per ius soli, ma per educazione, cultura, formazione e qualità professionale.

Così potranno diventare una risorsa ed una continuità generazionale o una risorsa per altri paesi.

Ma tutto il discorso è giocato per titoli, per incipit, per un uso retorico, ormai decadente, ma efficace per mettere tutti d’accordo (i politici col “fischio e senza fischio”) che, di fatto più che governare, divertono e si divertono (tra presenze televisive, manifestazioni danzanti, cancellazioni di identità tradizionali e culturali e immersioni emozionali da rapper della politica).

Ci sono alcuni frammenti elogiativi che fanno parte dell’ufficio Statistico (cioè sono numeri!) e non sono commentati e considerati come progressi pubblicitari, svuotati da ogni contenuto economico e culturale.

Ancora una volta si presenta l’Italia con la sotto traccia della “Nave va “di gloriosa memoria.

Ci affidiamo agli effetti persuasivi e roboanti di certi abbinamenti come: gli insegnanti sono patriottici, i medici sono patriottici, patriota è colui che fa il suo dovere, senza che nessuno glielo abbia insegnato (nuova visione mazziniana? No un chiaro riferimento al pensiero idealista- crociano).

Cosa progettano gli insegnanti per il futuro del nostro Paese? Cosa sanno fare i medici per il futuro dell’Italia? Sappiamo dei disastri della scuola italiana e della mala sanità! Chi dobbiamo accontentare? A chi si ci rivolge?

Forse c’è chi ha suggerito la provocazione “delle parole in libertà” ed i suoi effetti dirompenti per accontentare e ricevere consensi di opportunità politica? Un discorso che manca solo dell’incipit (dato il periodo); Caro Gesù Bambino…

I discorsi di fine anno nel paese zattera giacente sul Mediterraneo, in modo illimitato, ci vuole l’umiltà e la consapevolezza di esprimere il disagio di vivere e l’impotenza di sentirci un Paese, apparentemente, libero incapace, davvero, di seguire ed applicare la nostra Costituzione, a partire da essere diventati belligeranti, di godere della rete internazionale in cui siamo un’utile pedina, necessaria ma non indispensabile.

Il diritto è diventato il torto. Vogliamo essere un Paese umanitario ed invece siamo condizionati da visioni che tendono alla disumanizzazione, alla cancellazione delle tradizioni cristiane e delle minoranze religiose e di pensiero (questi erano argomenti per cui far riflettere).

Dietro parole che suonano come un invito ad un veglione mascherato, come la parola “fascismo”, di fatto si stanno cambiando (al di là delle gastronomiche demagogie) i libri di storia, si elimina la geografia, si riducono le discipline artistiche, la letteratura italiana ridotta a “fatterelli” e si preferisce “raccontare” che argomentare, documentare, leggere e studiare sui testi originali e saper consultare le fonti (mancanza di metodi).

Oggi si ci laurea con 14 o 15 fogli e continuano a chiamarla “Tesi” di laurea. Come si fa ad usare la parola patriota quando non si conoscono la Storia, i documenti, la Cultura del Risorgimento italiano. Il patriottismo è un sentimento.

La Patria è la nostra Identità, la nostra certezza motivata di appartenenza. L’orgoglio di essere Italiano. Non è, quindi, una moda, né un modo strumentale per far sventolare il tricolore.

Sono del parere, come ho scritto in altre occasioni, che bisogna trasformare l’Italia in un cantiere di idee progettuali per una ricostruzione organica e solida del nostro sistema di vita e di nuovi valori in sintonia col passato nel rispetto del senso etico dello Stato e della vera difesa della sua Costituzione.

Questo potrebbe essere il Progetto Italia che potrà prevedere e costruire il futuro per le prossime generazioni.

 

                                                                   Franchino Falsetti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *