EDITORIALE Millecolline. All’improvviso muore la democrazia

Editoriale della domenica

L’Editoriale Millecolline

Pubblicato il 10/11/2024

All’improvviso muore la democrazia

Si viveva nella indigenza, nella miseria, nella disperazione ma la speranza non crollava, la fiducia nel sistema dell’ordinamento sociale e politico non era in discussione: si valutava la contingenza, la calamità, l’imponderabile.

E con ogni mezzo si diceva “si tira avanti” con anche gli incidenti di percorso, con i più deboli che lungo la strada si perdevano o si abbandonavano al loro destino.

Era la vita di sempre, la inesorabile ruota che girava senza essere consapevole e priva di ogni sensibilità, ha dominato quell’ordine invisibile che ci avvolgeva e ci trascinava verso le nostre battaglie quotidiane.

Nessun progresso è riuscito a cambiare questo meccanismo: i ricchi sono sempre quelli, i poveri sono sempre quelli e la vita sembra uguale per tutti. Un po’ come avviene per la legge che è uguale per tutti, ma… con le sue eccezioni e varianti.

Così accadeva sotto le tirannie, le dittature. Così accade sotto la repubblica, la democrazia.

Guardando dal basso all’alto c’è differenza? Dalla fine della seconda guerra mondiale, cosa è cambiato? Forse la povertà è stata cancellata? Le emarginazioni sociali, le divisioni del potere burocratico, il mal governo, sono state eliminate?

Le generazioni dal 1945 ad oggi cosa hanno conquistato per il proprio benessere, la propria gratificazione personale e sociale, per essere un libero cittadino della Repubblica Italiana, secondo la democratica sua Costituzione?

Non sono domande retoriche. Sono legittime domande, poiché dal 1945 l’Italia ed il mondo Occidentale, quello che conta, hanno cercato di ricostruire materialmente (le mani sulla città), potenziando il capitalismo e la nascita del globalismo dei consumi e delle omologazioni delle menti e dei costumi, ma ponendo steccati invalicabili sul fronte del potenziamento dell’etica, della morale, della cultura, della spiritualità, della democrazia come partecipazione e nuovo potere dei diritti politici e sociali e non solo dei doveri di ubbidienza burocratica.

Un piccolo excursus per non perdere di vista l’obiettivo della verità, il non vestire la divisa della non democrazia con cucito sul petto il distintivo della sua deriva.

In queste ultime settimane la democrazia italiana all’improvviso è morta sotto le acque torbide e furiose che hanno alluvionate i nostri territori più fiorenti e ferite città di secolare bellezza artistica ed architettonica.

E pochi giorni dopo un’immane catastrofe naturale ha colpito un’altra città ridente Valencia della vicina Spagna, travolta da un distruttivo nubifragio e ricoperta da un mare di fango con decine di morti e migliaia di sfollati, che ha provocato la rabbia degli abitanti fino all’aggressione ed insulti ai reali di Spagna e premier Sanchez, in visita nei luoghi più colpiti.

Un segnale molto preoccupante che ci trasmette la fragilità del sistema democratico, assente sui bisogni primari e sulla sicurezza dei propri cittadini. La rabbia non basta più e più convincente è la rivolta.

Ma questa aprirebbe risoluzioni antidemocratiche con effetti più nefasti delle stesse alluvioni.

Alcuni contestatori cercano di sgambettare e far cadere il re Felipe e gli gridano: -”Dimettiti – sparisci. Quanti morti hai fatto, dicci quanti sono e prendi anche tu una pala”. È una scena indelebile, destinata a restare nella storia di questo Paese, chiamato a far presto i conti con l’autorevolezza delle proprie istituzioni”. (La Repubblica, 4 novembre 2024, p.6, cronaca dell’inviato Giampaolo Visetti).

Questa incuria di non monitorare costantemente il patrimonio idrogeologico di paesi ricchi di acque o bagnate dal mare esonda anche nella democrazia, nel sistema garantista non solo dei diritti ma della sicurezza e del diritto alla proprietà privata ed alla vita.

Un Paese sotto sorveglianza, spiato negli atti pubblici e personali, può essere considerato democratico? Chi sono questi spioni? Perché parlare di dossieraggio? Il Grande Fratello vuole renderci inoffensivi e schiavi. E limitarci nella libertà della conoscenza e dell’informazione (critica).

All’improvviso muore la democrazia quando il prof. Andrea Crisanti, senatore della Repubblica Italiana, dichiara: -”In aula capisco il 30% delle leggi che voto. Il resto è talmente inaccessibile alla mente oppure è noia”. (Un piccolo frammento dall’interessante intervista apparsa su Il Fatto quotidiano, curata dal giornalista Antonello Caporale, 4 novembre 2024, p.9).

Se un noto professore di microbiologia dell’Università di Padova che abbiamo conosciuto negli anni del Covid, oggi anche senatore in Parlamento, afferma la noia e la incomprensione dei testi legislativi da votare, cosa possono sapere molti altri che non sono neppure laureati o sono professionisti prestati alla politica oppure sono stati disoccupati fin dalla nascita?

Penso che anche questo sia un grave allarme per non considerare che la democrazia sia una scelta per un popolo straccione o “bue” come veniva definito l’altro ieri.

La democrazia deve favorire la piena consapevolezza delle scelte personali e quelle della Comunità dove si vive.

La democrazia deve favorire il senso della responsabilità attraverso la conoscenza, la comprensione ed il rispetto delle regole che presiedono e governano la convivialità, la convivenza civile.

 

                                                                   Franchino Falsetti

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