Cronaca in foto di una domenica bolognese

Il Tour de France a Bologna

Pubblicato il 05/07/2024

Incontro un amico fotoamatore che mi saluta dicendo: -“Anche tu qui? Del resto quando mai ci ricapiterà che il Tour de France passi per Bologna?”. Credo che questo sia il senso della mia presenza in questa Bologna a colori in cui predomina il giallo.

Fa caldo in questo lungo portico di via Saragozza che non percorro interamente dai giorni in cui, a scuola, si poteva fare fughino (1) senza essere considerato come un pericoloso evaso dal carcere.

A dire il vero non mi sono informato affatto di come sarebbe stato il percorso che il Tour de France avrebbe fatto da quelle parti; sapevo solo che i ciclisti avrebbero percorso la salita di S. Luca, quindi mi sono detto che sarebbe bastato seguire le persone all’ombra del portico fino ad arrivare al Meloncello.

So benissimo che molti fotografi che hanno letto queste mie prime righe avranno ora i capelli dritti pensando: -“Ma come questo tizio (io che scrivo) va a fare fotografie ad un evento senza documentarsi su orari, percorsi, note, situazioni, posizione del sole, tradizioni locali, come insegnato in ogni manuale del bravo fotografo??”

Si, è così, oggi ho una fotocamera, un obiettivo e un bel po’ di chissenefrega accumulato nello zaino; tanto da distribuirne gratis a chiunque.

Inoltre non ho mai fatto fotografie ad una manifestazione sportiva, ma a me interessa fotografare le persone che fanno vivere le cose con la loro presenza, il loro sudore e la birra che bevono nell’illusione di dissetarsi.

Cammina cammina, finalmente arrivo al Meloncello, mi ero detto che sarebbe dovuta essere una domenica a piedi e ho raggiunto anche questo obiettivo.

Mi guardo in giro e cerco di capire quale posizione possa essere la migliore visto che, essendo arrivato con un certo anticipo, posso disporre di una discreta scelta.

Le moto, le auto e le bici che percorrono la curva con strettoia che ho scelto come punto base mi danno l’idea del tipo di foto che potrei fare; ora non devo fare altro che aspettare.

Un furgone pubblicitario imbocca la curva e si ferma poco prima del voltone; tutti si agitano e corrono verso di lui attraverso il “canali” imposti dalle transenne, dal furgone distribuiscono cappellini bianchi a pois rossi. L’agitazione aumenta, ora è la volta delle magliette che i due incaricati fanno volare qua e la lungo l’incrocio, sulle teste, mani, braccia, urla di coloro che si aspettano di essere i prossimi a ricevere il gadget gratuito come fosse acqua per chi non beve da giorni.

Un giovane fotografo cinese, un po’ sovrappeso, si piazza dal lato opposto al mio e comincia a scaricare il treppiede; gli fissa sopra una fotocamera con un pesante lungo tele poi dal suo grande borsone estrae un seconda fotocamera e, intriso di sudore, armeggia un po’ goffo e sorridente.

Dopo alcuni minuti il giovanotto asiatico termina il suo laborioso posizionamento e si prende una pausa. Sorride. Mi chiedo quali inquadrature intenda fare; intuisco un problema e comincio a pensare a come dirglielo, visto che sono sul lato opposto. In qualche modo interviene un umarèl in classica bermudata posticcia che gli indica il senso di marcia che faranno i ciclisti lungo la gara.

Il giovane cinese si accorge dell’errore e raccatta tutta l’attrezzatura appena apparecchiata, sorride, ringrazia e scompare sempre ringraziando. Potenza degli umarèl bolognesi, penso divertito dalla lunga scena. 

Passano auto, moto, carrozzoni con pupazzi pubblicitari e dj alloggiati in vetta, tipotti con il cellulare e manine che salutano… ma la corsa quando arriva?

Il caldo ha già fatto desistere più di un gruppo di tifosi che intendevano stabilirsi accanto alla mia posizione; sono andati a cercare ombra sotto i portici.

Finalmente si rende evidente una repentina agitazione fra le tifoserie posizionate in quella tribuna posticcia formatasi sotto al portichetto della farmacia; hanno visto sbucare il gruppo di testa che ora, sicuramente, sta pedalando sul drittone dello stadio. Mi preparo.

Arrivano.

Il gruppo di testa è subito immortalato a raffica, seguono altri atleti (non chiedetemi chi erano per favore non ne conosco uno…).

Poi decido che non valga la pena rimanere in quella posizione fissa e decido di andare a raccogliere altre situazioni; inizierò la risalita verso le Orfanelle. Lascio la posizione che avevo “tenuto” fino a quel momento ho bisogno di avere altri punti di vista.

Sotto il portico che porta a S. Luca c’è un andirivieni di gente che non immaginavo, molti stazionano accanto a tavolini apparecchiati (per modo di dire), ci sono bambini, adulti, ciabatte, donne, ragazzi, cellulari, carrozzine che sfidano la forza di gravità, donne a sedere con uno sguardo che non ne può più, uomini che rimbalzano sulla salita delle Orfanelle in attesa del prossimo campione.

Poi passano le auto che chiudono la corsa, le ultime moto della stradale. C’è chi si saluta, un fiume di persone colorate si riversa nella discesa che porta al Meloncello.

“Non cercare di salire oltre le Orfanelle; c’è talmente tanta gente, fin dalla mattina, che non riusciresti a fare nessuna foto in tranquillità”. Consiglio prezioso dell’amico fotoamatore che comprendo bene ora…

Una bella giornata insomma.

Decido di selezionare le foto a colori per i social e tenermi quelle in B+N per le mie note ricordo. Quando mai il Tour de France tornerà a Bologna?

Testo di Roberto Cerè per la rivista Millecolline

 

(1) Fughino: termine bolognese per indicare una fuga liberatoria giornaliera, o anche oraria, dalla scuola.