Le parole dell’Arte: Action Painting

Una parola importante nel panorama dell’informale

Action Painting (per consultare i termini già pubblicati cercate su “Le parole dell’Arte) 

Pubblicato il 29/07/2023 

Action painting

Una parola importante nel panorama dell’informale americano ed europeo. Nacque dalla genialità del poeta e critico Harold Rosemberg in un articolo pubblicato, che portava lo stesso titolo, nel 1952 (American Action Painters, “Art News”, dic. 1952), per la nuova pittura dei giovani artisti della New York School, formatasi negli anni quaranta.

“Il termine sottolinea l’atteggiamento morale ed esistenziale di questi artisti, per i quali l’atto stesso del dipingere rappresenta una autentica dimostrazione della libera creatività umana, in termini di radicale opposizione individualistica, che non assume una forma politica esplicita e in realtà finisce per riconfermare i valori ideologici dominanti di una società, così libera e aperta da legittimare anche il valore dei suoi antagonisti. In senso pittorico si intende come Action Painting un linguaggio caratterizzato da un’energica e vitalistica espressività segnico-gestuale, libera da ogni specie di schema compositivo, figurativo o rigidamente astratto”.

In nota viene riportata la bibliografia dei testi consultati.

È certo che questa è tra le definizioni (parziali) più chiare e più sintetiche per far capire una diversa mentalità compositiva ed un diverso approccio con la tela. L’atto creativo non sarà più trasferire sulla tela un’immagine figurativa ricca di emozioni e di espressioni, ma, considerare la tela come uno schermo su cui giocare, su cui compiere azioni indipendentemente da una precisa ideazione.

Prevale la casualità ed il senso della libertà nel ricoprire spazi con svariati colori.

Tra i vari protagonisti che furono emergenti in questa tendenza: da Willem De Kooning a Joan Mitchell, Jackson Pollock lascerà una traccia altamente significativa.

Jackson Pollok

Jackson Pollok ,giovane intellettuale, cercò ispirazioni tra le culture dell’arte e tra alcuni geniali protagonisti come Picasso e l’arte degli indiani d’America. A partire dal 1946 “inizia a utilizzare la tecnica del dripping (sgocciolature e spruzzi di colore sulla tela)”.

Questa nuova esperienza artistica cambierà anche i valori del “dipingere”: si sceglieranno i barattoli con i colori al posto del pennello e gli spruzzi naturali ed artificiali per trasformare il colore in un oggetto, in una qualità, rompendo la tradizionale funzione ornamentale ed estetica.

EAST HAMPTON, NY –  Willem De Kooning in his studio circa 1982 (Photo by Luiz Alberto/IMAGES/Getty Images)

De Kooning, invece, altro importante protagonista, dopo la metà degli anni quaranta darà inizio ad un suo stile, molto particolare, che darà vita a composizioni articolate per linee curve, aggrovigliate e sovrapposte con accentuazioni materiche. Si noteranno le tensioni gestuali, tipiche di questa forma d’arte.

Per non cadere in equivoci o personali interpretazioni, trascrivo la concezione dell’arte di questi due determinati ed indiscussi teorici del nuovo espressionismo astratto. Sono estratti pubblicati su riviste specializzate americane.

Willem De Kooning :

“La pittura non sembra mai darmi pace o purezza. […] Non cerco mai, né “dentro”, né “fuori”, né nell’arte in genere, uno stato di riposo. Da qualche parte, lo sento, ci deve essere una qualche idea straordinaria, ma ogni volta che cerco di raggiungerla, mi prende uno strano senso di apatia e mi vien voglia di sdraiarmi e dormire. Certi pittori, me compreso, non si curano di sapere su che genere di sedia stanno seduti. […] Siamo tutti troppo inquieti per preoccuparci di dove si dovrebbe star seduti, e non vogliamo nemmeno sederci ”in pompa magna”. Perché ci siamo accorti che la pittura – ogni genere, ogni stile di pittura – per essere vera pittura deve essere un modo di vivere, uno stile, per così dire, di vita. In questo consiste la sua forma ed è proprio nel suo essere inutile che essa è libera. Non vogliamo il conformismo, cerchiamo solo l’ispirazione”.

Jackson Pollock:

“La mia pittura non nasce sul cavalletto. Quasi mai, prima di cominciare a dipingere, mi accade di stendere la tela sul telaio. Preferisco appenderla al muro o posarmi sul pavimento, perché ho bisogno della resistenza di una superficie dura. Sul pavimento mi sento più a mio agio, più vicino, più parte del quadro: posso camminarci intorno, lavorarci da quattro lati diversi, essere letteralmente dentro il quadro. È un po’ come il metodo usato da certi indiani del West che dipingono con la sabbia”.

 

                                                            Franchino Falsetti

 

Testi consultati:

Martina Corgnati, Francesco Poli, Dizionario d’arte contemporanea, Milano, Feltrinelli, 1994

Gillo Dorfles, Ultime tendenze nell’arte d’oggi, Dall’ informale al concettuale, Milano, Feltrinelli, 1971

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