Di Franchino Falsetti.
Come uscire felici e contenti dal “bosco della 40°Arte Fiera” di Bologna 2016 ?
Non è soltanto un retorico interrogativo. In quarant’anni di vita le cose si sono centuplicate e questa singolare rassegna d’arte, assomiglia più ad un “festival” di evocazione lagunare, che non ad un sensibile e ricercato appuntamento con l’arte italiana in contatto con esperienze di grande interesse internazionale. Di fronte all’ invito di sentirsi meravigliati o “entusiasticamente” coinvolti, mi sembra che divenga opportuno partire dalle dichiarazioni o valutazioni degli organizzatori e sostenitori di questa kermesse, a cui, sembra, impossibile, criticare.
Come leggeremo, tutti i vari protagonisti sono elogiativi e pronti ad auto referenziarsi, come se fossimo di fronte ad una permanente campagna pubblicitaria alla rovescia: dai contenuti al contenitore, dai prodotti esposti alla decantazione di contenuti di esclusivo richiamo per un mercato privilegiato “condito” dagli inviti consumistici delle grandi sagre paesane. Un po’ come avveniva nelle famose e storiche “Fiere Campionarie” di Bologna, da cui l’edizioni dell’Arte Fiera” hanno avuto origine ( 1974 ).
Si trattò, secondo il gruppo dei temerari galleristi ed artisti fondatori di questa “stravagante” idea, di portare le opere, solitamente esposte nelle gallerie d’arte del centro cittadino, in un nuovo spazio, particolarmente, allargato ed affollato, come la “Fiera Campionaria”, di lunga tradizione popolare e molto amata dai cittadini bolognesi. I quadri e le sculture vennero collocati tra i “ mobili, arredi ed oggettistica di vario genere” .
Le gallerie che parteciparono a questa “improbabile avventura” furono una decina: le bolognesi de’ Foscherari, Studio G7, Forni, Duemila, Il Cancello, La Loggia, San Luca, Stivani, e con la partecipazione della Galleria Giulia di Roma e la Vinciana di Milano. Giorgio Ruggero, critico de “Il Resto del Carlino, nell’introduzione al catalogo della mostra di cui era curatore , si augurava che questa esperienza “sperimentale”, potesse crescere e “creare un nuovo e potente strumento di mercato” con lo scopo di “promuovere un’azione moderatrice, equilibratrice e calmieratrice nel discusso mercato dell’arte contemporanea”.
Pasquale Ribuffo della galleria “de’Foscherari” ricorda così questa data, indubbiamente, memorabile: -“Soprattutto il caldo. La Fiera Campionaria si teneva a giugno. Eravamo un gruppo di cani sciolti, ma la città viveva un momento di grande fermento creativo. E Bologna l’accolse fin da subito con grande benevolenza. All’epoca era Sindaco Zangheri e poi c’erano Arcangeli e Anceschi”.
Concetto Pozzati, uno dei fondatori dell’ArteFiera così ricorda quei momenti: -“L’idea fu di Giorgio Ruggeri con Maurizio Mazzotti, uomo di grande sensibilità. E io, con Franco Bartoli della “de’ Foscherari” e Tiziano Forni dell’omonima galleria, aderimmo con entusiasmo. Arte Fiera è nata così e ben presto si è affermata come la più importante in Italia oltre ad aver consolidato la scena artistica bolognese”.
Claudio Spadoni che cura con Giorgio Verzotti dal 2013 Arte Fiera con un preciso e comune impegno : rilanciare l’arte italiana ed il sistema artistico collaterale. Come orientarsi : -“Ai padiglioni 25 – 26 che come sempre proporranno rispettivamente il moderno e il contemporaneo, abbiamo affiancato un nuovo grande spazio che in qualche modo rappresenta le nuove tendenze. Qui abbiamo riunito la fotografia, la sezione Solo Show, rivolta alle gallerie che intendono esporre un solo artista, insieme alle Nuove Proposte, che cioè presentano elusivamente artisti under 35 […] Un dato ancor più significativo è poi che tanti dei galleristi che partecipano alla fiera da diverse edizioni hanno acquisito spazi più grandi, il che naturalmente implica per loro maggiori costi. Una prova inequivocabile del fatto che a Bologna si fanno affari”.
Laura Carlini Fanfogna – Direttrice dell’Istituzione Bologna Musei e curatrice della edizione di Art City: -“La manifestazione Art City vuole essere soprattutto una grande festa, sempre affollata. In cartellone ci sono oltre 70 eventi in 40 sedi diverse, dal centro alle periferie. Il programma prevede ancora il prolungamento degli orari nei musei, l’attivazione dell’Art City Bus, e gli appuntamenti che intratterranno i bambini […] Daremo spazio al saper fare e racconteremo riti, miti e mitologie, creando diverse connessioni e rimandi tra i protagonisti. Sono caratteristiche che si ritrovano anche nelle iniziative organizzate dalle altre istituzioni”.
Simona Gavioli – Presidente di SetUp Contemporary Art Fair : –“ SetUp è ancora una fiera molto giovane, ma in questi anni è già cresciuta e maturata, ha più consapevolezza. E lo ha fatto grazie anche ai “furti” che abbiamo fatto in questi anni: ovviamente niente di illegale, ma come diceva Picasso: “ I cattivi artisti copiano, i geni rubano”. Non penso di essere un genio, ma prima andavo alle Fiere in giro per il mondo solo come collezionista, adesso ci vado da addetta ai lavori e guardo tutto, soprattutto, i dettagli: dal catalogo, ai pavimenti e perfino le luci. Quando vedo una bella idea me la metto in borsa e la porto a SetUp. Il tema di quest’anno, l’orientamento ( dell’arte), non è solo una chiave di lettura per i visitatori, ma anche per noi, per capire cosa abbiamo costruito in questi pochi anni e un momento di riflessione per capire dove andremo”.
Alice Zannoni – Direttrice di SetUp Contemporary Art Fair : -“ L’orientamento ( dell’arte ) mi ha sempre intrigato in qualche modo è quello che permette all’essere umano ( e anche negli animali ) di non perdersi. E’ il sapere dove andare e metaforicamente significa avere le idee chiare sulla meta, sugli obiettivi. SetUp è nato con le idee chiare, infatti in 4 anni il format non è cambiato ma l’esperienza delle edizioni passate ci ha insegnato quale strada percorrere: in qualche modo abbiamo tracciato un percorso su una mappa ideale che corrisponde al fatto di avere capito da subito l’importanza di strutturarci sia in termini culturali che commerciali”.
Questa breve scorribanda tra le dichiarazioni ed interviste dei principali attori della quarantesima edizione dell’Arte Fiera- Bologna 2016, ci può aiutare, in modo molto parziale e limitato, ad aprire anche , per chi non è addetto ai lavori, un piccolo dibattito per farsi e fare altre domande ed altre considerazioni. Questa è una nota di libere considerazioni e non una cronaca dettagliata delle sezioni che hanno caratterizzato questo, comunque, importante compleanno artistico bolognese. Sono convinto, anch’io, che questa manifestazione è , indubbiamente, una esperienza di grandi prospettive ed aspettative, soprattutto, nel mondo dell’arte contemporanea. Un’epoca questa dove le emozioni sono morte e vivono solo provocazioni, performance, installazioni ed ogni “diavoleria” che non giova alla riflessione di chi pensa all’opportunità di costruire momenti per un “orientamento dell’arte”. Ma quale orientamento? Per orientarsi bisogna costruire dei punti di riferimento saldi, sicuri perché si possano operare delle scelte od iniziare percorsi di maggiore rassicurazione, di nuove creatività ed attendibilità. L’orizzonte dell’arte contemporanea è fatto di frammentazioni visive. L’ideazione è frutto di mille contaminazioni e nulla ci colpisce, ci incuriosisce, se non considerare il tutto come l’ennesimo cascame di modelli già collaudati ed esauriti dall’arte moderna. Siamo una società sempre più priva di linguaggi, soprattutto, quelli espressivi , quelli che ci permettono di elevare la nostra richiesta di comunicazione interpersonale e sociale.
La comunicazione, oggi, è disarticolata e soggetta alla parcellizzazione dello stile pubblicitario. E’ una comunicazione dimezzata, come è dimezzata l’arte che vive di esperienze effimere, sul già conosciuto, sulla deprivazione creativa. La grande festa dell’arte per suggellare, quello che conosciamo da circa due secoli, da quando Hegel decretò “la morte dell’arte”. Il grande storico dell’arte Antonio Paolucci a questo proposito : -“ […] l’arte che per convenzione chiamiamo contemporanea. In realtà non si tratta più di arte così come l’abbiamo intesa fino a ieri, ma di un’altra cosa. Non solo i linguaggi espressivi ma i codici di riferimento, l’idea stessa di arte, sono radicalmente e irreversibilmente mutati”. ( “Arte e bellezza”, 2011)
Questo non significa che dobbiamo sentirci degli astiosi verso il “contemporaneo” e diffondere campagne apocalittiche sul significato dell’arte contemporanea o su dove va l’arte in generale. Si tratterebbe di avere visioni meno compensative e consolatorie o di voler a tutti i costi, pensare che l’arte contemporanea sia la continuità naturale dell’arte moderna e quindi di una certa classicità, su cui, spesso qualcuno vuol evocare. Ogni tempo ha la sua arte, ogni società ha la sua arte, ma è ancora vero? Mi sembra molto difficile pensare al concetto di “straordinarietà” dell’arte e mi sembra anche “strumentale”, far convivere l’arte moderna con l’arte contemporanea, come avvenuto in questa edizione dell’Arte Fiera 2016. Anche questa operazione per mantenere alto l’obiettivo: più vendita più successo = più vendita più mercato.
E’ possibile pensare un appuntamento culturale senza fare cultura? E’ possibile ignorare che conoscere è una valore di tutti e per tutti? E’ possibile ri-pensare che la città potrebbe diventare una grande aula didattica, dove gli strumenti del conoscere sono le iniziative, le manifestazioni, gli incontri, le conversazioni con il pubblico, ect…e dove, l’obiettivo fondamentale dovrebbe essere quello, come avveniva nel Medio-Evo e nel Rinascimento, quando il pubblico diventava scolaro e gli scolari diventavano sapienti.
Oggi moriamo di “notti bianche”, di “happy hours” , di gastronomie invasive ed invadenti. Tutto viene trasformato in un grande happening, in una grande “abbuffata”, dove , quello che è importante è consumare e finire stremati, intontiti e privi di ogni reale motivazione.
Oggi la partecipazione non è finalizzata a comprendere e cambiare. La partecipazione si è, fortemente, massificata, che si sono inventati i “gadget”. L’arte contemporanea è il grande gadget, su cui si concentrano i loisir dei fantasiosi, cosiddetti, artisti ed essi , invece di essere dei convincenti testimoni critici di un’epoca decadente e degradata, sono, essi stessi passivi e condizionati rappresentanti della disarmante incapacità a saper interpretare e denunciare i veri fatti che stanno cambiando il nostro modo di vivere, di pensare, di agire e di comunicare. Gli artisti del XXI secolo, potrebbero essere i nuovi profeti per un riscoperto mondo nuovo e per rinnovare quella speranza di un ritorno alla “Bellezza” per un mondo migliore e per un’arte ritrovata, liberata dalle mode intellettualistiche e provocatorie.
Franchino Falsetti
Bibliografia di riferimento alle interviste riportate ed informazioni sull’evento.
- Arte Fiera –La Repubblica – trova Bologna – 28 gennaio 2016
- Bologna da vivere – gennaio 2016
- Arte & Fiera, a cura di Claudio Spadoni e Giorgio Verzotti, 2016