Valsamoggia contro la violenza sulle donne.

Bazzano in Valsamoggia (BO), 04/06/16. La nostra rivista è nata due anni fa per raccontare il bello delle nostre arti, di qualsiasi natura esse siano, per questo motivo

crediamo che manifestare contro la violenza sulle donne sia una forma di bellezza. Perciò abbiamo pensato che fosse un buon motivo per impaginare alcune foto e formare un piccolo reportage sulla mobilitazione che si è tenuta in piazza G. Garibaldi a Bazzano, luogo in cui la comunità locale, sfidando la pioggia, si è riunita per esprimersi contro gli innumerevoli tentativi di uccidere il bello che ancora resiste.

 

Parole e foto di Roberto Cerè per Millecolline.

Diritti Riservati.

Con Giovanna Clò si festeggia il 2 giugno e il voto alle donne

Savigno in Valsamoggia (BO), 02/06/16. Per te Giovanna. Giovanna Clò fu sindaco di Savigno negli anni del primo dopoguerra e lo fu per tre mandati; fu la prima donna sindaco della Provincia di Bologna e per ricordarlo sono state organizzate una serie di manifestazioni tenutesi nel Municipio di Savigno al termine della quale gli è stata intitolata la Sala Consigliare. Di tutto questo potrete visitare anche una mostra a lei dedicata in cui potrete vedere alcune fotografie storiche e documentazioni di archivio che fanno ritornare agli anni del primo dopoguerra e agli anni del boom. Millecolline festeggia così il 2 giugno, Festa della Repubblica e prima occasione di voto per le donne, raccontandovi fotograficamente questo evento tenutosi a Savigno grazie al lavoro di Gianpaolo Vanneschi, di Aurelia Casagrande e del Centro Documentazione Donna (Mo) che ne hanno curato la realizzazione.

_MG_8669_DxO

 

Fotografie e testo di Roberto Cerè per Millecolline.

Diritti Riservati

Nassim: una voce senza parole

A volte mi chiedo se sia vero che l’arte oggi sia, davvero, morta e che non solleciti più alcun interesse, soprattutto, tra le nuove generazioni.

Può sembrare una oziosa domanda, ma, invece, è qualcosa che va ricercata. In Italia, per esempio, moltissimi sono i giovani di ambo i sessi, che scelgono, senza mira alcuna, il campo dell’espressività, della comunicazione pittorica, dei vari stilemi della creatività artistica. Oltre alle scuole ufficiali pubbliche o private, moltissime sono le “agenzie” che promuovono iniziative di natura educativa o formativa dell’arte non solo in senso amatoriale,  ma anche in senso professionale, con adeguate borse di studio, viaggi all’estero, scambi di esperienze e soggiorni di cultura. Un vero mondo di opportunità attorno ad un “occhio magico”, che si chiama: Arte. Non è l’Arte, però, che traccia il solco della tradizione, oggi, del trasmettere alle generazioni successive o, come si diceva un tempo, ai “posteri”. E’, invece, un ‘arte della contingenza, della necessità di vivere e di sopravvivere. Una scelta di vita, di libertà.

_MG_6045_DxO

Una scelta per valorizzare la propria personalità il proprio universo interiore. Un modo per sentirsi rassicurati e per navigare nell’immenso mare dei cambiamenti epocali e delle incertezze dei nostri destini. L’arte che si trasforma, che cambia il suo “statuto” di immagini e di conoscenza. L’arte come linguaggio della quotidianità, della immediatezza, come “logo” del vivere in un perenne  disordine. Tutto questo traspare dalle opere della promettente artista Nassim Hoharyar, giovanissima iraniana che frequenta l’Accademia delle Belle Arti di Bologna e si sente un po’ bolognese.

mostra-nassim-019-300x300

Lo stile pop up le serve per essere incisiva nei suoi messaggi. Sì, perché questa artista usa l’arte come “scrittura”. Quella stessa che caratterizza la velocità delle lettere “figurate” della scrittura araba. I suoi soggetti sono le figure femminili, come metafora del desiderio del riscatto, della rivincita, del conflitto, della paura, della libertà.

Il problema femminile senza voce : questo è il segreto messaggio che si vuole affrontare. Il color rosso della passione, figure che sembrano specchiarsi in un infinto senza orizzonti, volti di donne dimezzate, sguardi senza rassegnazione, ma vuoti nella loro solitudine, sono le nuove immagini di un mondo perdente. Un mondo che non sa ascoltare, un mondo che non sa rispondere alle voci senza parole, perché è stata tolta la parola come fonte del dialogo, della comprensione, della comunicazione.

_MG_6042_DxO

Nassim è una artista potenzialmente ricca di espressività nascosta, ancora non del tutto strutturata. I contenuti delle sue opere sono pieni di sentimento, ma hanno bisogno di non disperdersi nelle seduzioni dell’arte del consumo onnivoro o nell’arte corrotta e globalizzata del mondo occidentale. Nassim è “piccola ma crescerà” se riuscirà a mantenere la sua identità e la sua genuinità delle sue origini e della sua cultura, ancora, “incontaminata”.

 

                                                                                                                                                                                                                                           Prof. Franchino Falsetti – Critico d’Arte 

 

Produzioni Millecolline

Diritti Riservati

 

 

Pillola corsara n°13 – L’attualità dei classici in una società senza maestri.

L’attualità dei classici in una società senza maestri.             [n.13 ]

Ogni tanto si presenta questo “lamento” e qualche sensibile intellettuale come Edmondo Berselli ne ha scritto un esilarante libro dal titolo : “Venerati maestri. Operetta immorale sugli intelligenti d’Italia” (2006). Ma l’ironia e la satira non fanno più effetto. Non scuotono più le coscienze e non fanno “rumore”. I mass media hanno tritato ogni nobile manifestazione dell’animo umano e banalizzato ogni suo , altrettanto, nobile comportamento. Le cosiddette chiave di lettura, sono patrimonio dei soliti monomaniaci del perfezionare, con accademismi incomprensibili, gli arnesi dell’iperuranio incomunicabile della lettura e della letteratura di oggi. Da molto tempo i “maestri” sono sati sostituiti dagli “stregoni” della comunicazione elettronica e mediatica, che si occupano solo del presente e cucinano le informazioni per mostrarsi e per esibirsi in un defilé fatto di amenità ed insulse mode trash. Tutto questo sconvolgimento è una delle tragiche eredità dei cascami culturali del secolo scorso. Non è una “perla” del XXI secolo, ma il graduale abbandono e disinteresse per il valore del tramandare o del trasmettere. Ciò che altri chiamavano tradizione.  Ma per  tramandare devono esistere delle idee, degli uomini che le abbiano pensate e capaci di elaborarle per consegnarci una continuità della “memoria” storica ed antropologica. Gli intellettuali non pensano più, non sono più quei “chierici” vagantes, che facevano circolare pensieri e visioni del mondo, sollecitando gli artisti e gli scrittori ad esserne fieri o critici interpreti. “ Un’opera d’arte porta in sé la conferma del suo valore. Un pensiero artificiale o esagerato non sopporta la trasposizione in immagini. Le opere d’arte invece che hanno cercato la verità profonda e ce la presentano come una forza viva, si impossessano di noi, si impongono a noi e nessuno potrà mai confutarle, neanche in futuro….”. ( Solgenitzyn, )

Gli intellettuali nell’età contemporanea sono stati sostituiti dagli opinionisti senza macchia e senza paura, assidui frequentatori dei talk show ( salotti senza identità culturale ed incapaci di esprimere “idee” ) ; i docenti ( od insegnanti ) sono divenuti  anche, nel loro svolgimento professionale, dei perfetti showmans : il sapere diventa oggetto di spettacolarizzazioni e di performance illimitate.  L’insegnamento non esiste più. La civiltà tecnologica ha sostituito ogni reale forma di relazione, di dialogo, di coinvolgimento, di discussione, di istruzione, di conoscenza, di sviluppo di ogni modalità dell’immaginare, di sognare, di credere che possano esistere le “utopie”, di continuare a possedere e ricevere la “fiammella della eredità di pensiero e di azione”.

Abbiamo installato il consolatore e pianificatore per eccellenza: il grande fratello Twitter, che ha annullato ogni differenza e consente ai soliti “quattro amici al bar”,  di sentirsi dei premi nobel.

I Maestri  sono scomparsi. La tecnica e la tecnologia, da strumenti sono diventati contenuti, obiettivi per una nuova cultura dell’essere e per una nuova etica di indecifrabile futuro.

Ma in una società sempre più dissociata, sempre più alienata e disposta ad abiurare i testamenti di vita e dei valori secolari dei “padri”, quelli che ci hanno consentito di arrivare fino ad oggi ; in una società priva di veri maestri, testimoni  e capaci trasmettitori di questa preziosa eredità, forse ci rimangono i “classici”, prima ancora di leggere i “contemporanei del futuro”, che Italo Calvino definiva : “ Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire”.

 

 Franchino Falsetti

 

Palloncini a terra. (ph. Roberto Cerè. 2014)
Palloncini a terra. (ph. Roberto Cerè. 2014)

 

Diritti Riservati

 

Pillola corsara N°12 – Sparliamo italiano… anche al femminile

Sparliamo italiano… anche al femminile [n.12]
Sparliamo italiano, era un titolo ad effetto di un importante lavoro, del bravissimo linguista Maurizio Dardano, che desidero ricordare con molta stima, anche per la sua preziosa partecipazione ad alcune mie iniziative, svolte a Bologna, sul “linguaggio giornalistico e sulla grammatica italiana”. In questo libro-indagine sullo stato della lingua italiana della seconda metà degli anni ’70, Dardano metteva a nudo, le diverse contaminazioni che, ormai, invadevano la nostra “aulica” lingua.
I diversi linguaggi speciali o settoriali, i forestierismi di ogni tipo, il linguaggio della pubblicità e le forme gergali, la nuova lingua criptata dei giovani e giovanissimi, determinavano una nuova geografia del parlare e dello scrivere in italiano. I tempi hanno dato ragione al preveggente linguista, anzi le cose sono andate sempre più “colonizzandosi”, al punto che, la stessa “Crusca”, nostro Osservatorio ufficiale sullo stato della lingua italiana, non interviene per “difenderci” dalle scorie dei “familismi” linguistici, ma sembra accettare, con compiacimento, tutto ciò che passa per “neologismo” od adeguamento al processo della modernizzazione.
Emblematico è la forzata invadenza della lingua inglese, non solo nel nostro costume, ma in tutte le espressioni d’uso comune od istituzionale.
Non mi sembra un buon metodo. Altrove, per esempio in Francia, le Accademie sono nate per difendere la lingua da ogni “dannosa” degenerazione, quale espressione ricalcata da altre culture e quindi foriera di “impurità” e determinante di inevitabili alterazioni o negazioni semantiche, rispetto al proprio modello linguistico-espressivo, in uso e collaudato da secoli. Siamo di fronte all’affermazione della lingua “à porter” , una sorta di linguaggio neo-maccheronico, dove regna lo sgrammaticato, l’improvvisazione e l’invenzione occasionale o di comodo di chi non ha conoscenze appropriate sul medium ufficiale che si chiama lingua nazionale. Ai regionalismi dialettali, alle forme colloquiali e gergali, abbiamo aggiunto la creatività senza limiti, come il recente “neologismo” petaloso, coniato da un bambino della scuola elementare (nel ferrarese) e subito riconosciuto dalla Madre Crusca: onnivora nomenclatura degli usi commerciali e consumistici del nostro nobile, ma duttile, idioma.
Da tempo, in questo movimento di radicale trasformazione e snaturamento della nostra identità linguistica, si agita, con il sostegno di protagoniste della vita pubblica italiana: parlamentari, imprenditrici, dirigenti, esponenti di partiti politici, che la lingua italiana va declinata anche al “femminile”.
Sono, ormai, noti i richiami alla distinzione di sesso, in particolare, delle professioni : ministro / ministra – architetto / architetta – il giudice / la giudice – il presidente / la presidente – il senatore / la senatrice.
La stessa Presidente della Camera Boldrini, per la recente ricorrenza dell’8 Marzo , raccomandava che “come istituzione dobbiamo essere un esempio e utilizzare la declinazione al femminile quando si rivolge la parola alle colleghe”. Ed ancora : “ Qualcuno ritiene che sia superfluo parlare di linguaggi di genere, mentre io ritengo che il tempo è scaduto ed è doveroso soffermarsi su questi temi”.
Le quote rosa e la lingua declinata al femminile, non sono necessità di valorizzazione del “sesso debole”, ma ingenue rivendicazioni formali, che nascondono una preoccupante abdicazione della propria identità. Non è nel “modificare il dizionario della lingua italiana”, che si affermeranno i principi di una moderna “coscienza di genere”. Il linguaggio non è di genere, il linguaggio è espressione di una cultura di formazione per tutti. I padri latini per evitare ogni malinteso, avevano, oltre al genere maschile ed il femminile, anche il neutro. Nella nostra Cultura, “là dove ‘l sì suona”, dobbiamo saper rintracciare tutto ciò che ci unisce e di rende liberi, in senso democratico, di esprimerci senza imposizioni, divisioni ed inutili od ipocrite contrapposizioni.

Franchino Falsetti

 

Roma. (Ph. Roberto Cerè, 2014)
Roma. (Ph. Roberto Cerè, 2014)

Riproduzione riservata