MIP – Nota di lettura a “Corrispondenze” di Maria Benedetta Cerro

La Nota di Miriam Bruni

Dedicata all’ultimo libro di Maria Benedetta Cerro edito da Macabor

Pubblicato il 21 novembre 2025

Un articolo MIP pubblicato in prima battuta dal circolo Letterario Vento Adriatico

La lettura come fonte privilegiata di ispirazione: è questa l’essenza, il nocciolo di questa raccolta, rimarcato con arguta consapevolezza nelle sette parole sopracitate, prese dalla Premessa elaborata dall’autrice. Del resto i bebè si nutrono di latte, i nostri tanti device di elettricità, i poeti di poesia…

Immaginate una donna alla scrivania, circondata di libri sparsi, intenta, a volte concentrata, a volte sognante, malinconica. A tratti scrive, cancella, riscrive, sorride, si ferma. In questo libro la Cerro ci si mostra come se stessimo spiandola da una finestra illuminata d’autunno, e noi fuori, come uccellini sul davanzale.

Trascorrono giorni e giorni in queste interazioni silenziose, non quella di noi con lei, ma quella di lei con i testi altrui: un rapporto tra versi, appunto, “un gioco di specchi”. Una sorta di ballo, di lento trasparente, che ad un certo punto vediamo apparire sui fogli, e ha per titolo Corrispondenze!

Edito da Macabor la scorsa primavera, ha già riscosso notevoli apprezzamenti.

Nell’indice non vi sono titoli di testi, ma i nomi dei 21 poeti che hanno accolto il progetto/confronto con l’autrice. Dopo averlo scorso più volte, ho scelto due delle tante “interazioni” che qui si offrono al lettore, in tutto 4 poesie quindi, perché si tratta della modalità “a specchio”.

Iniziamo da una poesia di Simone Principe, che trovate a pagina 66 e che di seguito trascrivo:

La mia individualità

è un sassolino che scaglio lontano

la cura di quella altrui mi fa roccia,

la folata del distacco

falcia le verdi ciocche degli affetti

vincono l’abbandono solo alcuni.

Mi getto sul senso della mia alba

se la prima luce è stata quella della luna,

ma conoscere la verità

sarebbe rifugiarsi in sterili bugie

per non subirla,

conoscere il finale

priva ad ogni occasione

il brivido di essere percorsa.

L’individualità

è riconoscere in un’altra

la particella umana

da attraversare con cortesia,

ma ci sovrasta l’amnesia

e feriamo quello che non conosciamo.

Guardate come l’autrice ricompone, risponde, danza con questi versi:

Esisto se mi vedi

se mi riconosci.

Solo allora – unici e distanti –

ma per sempre umani.

Anche nella cura

la ferita a volte non guarisce

(come nella morte si falciano gli affetti)

Una foglia

al vento

resiste.

Tornare all’alba della vita?

– luna nel pozzo / verità profonda –

Stornare lo sguardo dalla notte

dirsi – non c’è nulla da cercare –

E mentire. Mentire.

L’Io è un pane condiviso

la particola di un’ostia

– a chi il pane / a chi il coltello –

Si ferisce per amnesia.

Poco pane

in tempo di coltelli.

Due testi suggestivi, densi di vita e di parola, cui mi pare facciano eco spontaneamente i versi di un mio breve poema da Concentrati sul cromosoma celeste, Controluna edizioni.

Non faremo più

coppia vera con nessuno

se non impariamo

complessità e perdono.

L’amore è parola

presenza – d’amore –

All’apice pasto,

vivanda, fruizione.

L’altra interazione che vi propongo è quella con Carlo di Legge, che parla di primavera e passione.

Ogni arbusto sta germogliando,

anche la foglia minuscola

è ubriaca di primavera.

Ricordo che noi siamo stati così,

oggi so che l’amore è infondato

come la primavera

eppure l’universo è messo in subbuglio.

Ogni irripetibile istante

voleva ripetersi: incontrandoci

ognuno trovava se stesso

e donava il meglio.

Perciò adesso ti richiamo alla gioia del

mondo, attraverso i miei occhi. (p.98)

Sui rami

di colpo vidi le gemme

e nei penduli amenti del nocciolo

risalire il fremito dal fondo.

Oh, la memoria del corpo!

Una sorta di reminiscenza.

Nelle corse l’urgenza del grido

il dispetto e la fuga

l’amore che non era che istinto

e intoccabile purezza.

Quanti inverni vita mia flessibile!

L’attimo irripetibile / il mai raggiunto

come l’illusione del prima

e l’equivoco del dopo

-Un malessere perenne-

Lo specchio

ravvisò la somiglianza

e fu la matematica certezza

che l’invisibile incarnato

appare

e resta

nel lampo di uno sguardo

(p.99)

E anche qui consentitemi di far risuonare un mio testo che pubblicai su Coniugata con la vita e che tematizza l’esperienza amorosa e la reminiscenza fisica:

Ogni giorno ravvivo il tuo ricordo

Mi implodono mine sotto i piedi

passeggiando per Bologna

Poi la radio mentre guido Le canzoni

Un medesimo ritorno Un gregge

di emozioni Memorie soltanto

sopite Ceneri fresche appena appena

sbollentate da questa lunga notte

muta di dolcezze antiche

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Maria Benedetta Cerro è nata a Pontecorvo (1951) e risiede a Castrocielo – Frosinone

Ha pubblicato: Licenza di viaggio (Premio pubblicazione, Edizioni dei Dioscuri 1984); Ipotesi di vita (Premio pubblicazione “Carducci – Pietrasanta”, Lacaita 1987), nella terna dei finalisti al Premio Città di Penne; Nel sigillo della parola (Piovan 1991); Lettera a una pietra (Premio pubblicazione “Libero de Libero”, Confronto 1992); Il segno del gelo (Perosini 1997); Allegorie d’inverno (Manni 2003, nella terna dei finalisti al Premio Frascati “Antonio Seccareccia”); Regalità della luce (Sciascia 2009); La congiura degli opposti (LietoColle 2012), premio “Città di Arce”; Lo sguardo inverso (LietoColle 2018); La soglia e l’incontro (Edizioni Eva 2018); Prove per atto unico (Premio pubblicazione “Vincenzo Pistocchi” Macabor 2023).

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