Editoriale della domenica
L’Editoriale Millecolline
Pubblicato il 13/04/2025
Che cosa e con chi festeggeremo il 25 aprile?
Tra una decina di giorni ritornerà l’anniversario della Liberazione, il 25 aprile del 1945. La fine della Seconda Guerra Mondiale. Una data ed una gioia. Immensa gioia per la caduta dei maledetti da Dio.
Così vennero chiamati gli artefici delle più immonde e vaste atrocità mai commesse dalla storia del genere umano, durante l’oscurantista dominio nazifascista.
È una ricorrenza che da qualche decennio è oggetto di accese polemiche, di contrapposizioni tra le fazioni dalle bandiere consunte e sfumate, come se fossero tolte dalle bacheche dei Musei della Storia.
Siamo molto distanti dalle celebrazioni in cui l’orgoglio politico ed il protagonismo appassionato di De Gasperi, Amendola, Calamandrei, Di Vittorio, Lombardi, Saragat, Togliatti, Nenni, Cossiga, Pertini e Berlinguer risvegliavano, tra gli ancora, presenti partigiani (ANPI), ed il popolo festante e partecipe che affollava in tutte le piazze d’Italia, il monito “mai più guerre” e l’abbraccio fraterno per una Pace illimitata.
L’uomo nuovo uscito dalla Resistenza guardava al futuro ed aveva suggerito la nascita della Costituzione repubblicana, il suo fondamento sul lavoro, la difesa dei diritti, il rilancio del progresso economico e sociale di un’Italia risorta e consolidata nei valori della democrazia e delle secolari radici cristiane.
Un nuovo giuramento di Pontida. Il giorno della Liberazione è il rinnovare e continuare i valori del Risorgimento e dell’Unità d’Italia.
Il consolidare i concetti ed i sentimenti delle immodificabili parole-valoriali come: Patria, Nazione, Famiglia, Educazione, Cristianità. Una via Lattea presente nella Costituzione, una Luce perpetua per l’integrità della nostra natura storica e di tradizione millenaria, autostrada per tutte le Civiltà antiche e moderne.
Di cosa parleremo nel giorno della Liberazione?
Quali saranno gli argomenti che ci riporteranno la bussola del risveglio popolare sulla giusta rotta?
I discorsi di rito da alcuni decenni sono strutturati per amplificare, ancora una volta, il clima politico esistente, la polemica tra le varie realtà sempre più obsolete come: i partiti, i sindacati, e le associazioni che ricordano quelle dei “garibaldini” che solo qualche decennio fa sono state cancellate (come Enti inutili).
Il giorno della Liberazione deve essere una democratica occasione per fare un bilancio dei nostri attuali modelli di Vita, dello stato della nostra economia, dei diritti dei cittadini conquistati, del progresso delle condizioni e servizi sociali, della produzione industriale, del livello d’istruzione e di professionalità e ciò che si deve ancora realizzare per rendere questo Paese degno del sacrificio consumato dai nostri padri per un nuovo avvenire di libertà e di benessere.
E poter trattare i grandi temi che ci legano alla politica internazionale del momento, a nuovi bagliori di decadenza e di radicali trasformazioni dei fragili equilibri tra i vari Stati europei ed extra-europei ed alle nuove paure di ritorni drammatici legati alla depressione e crollo dell’economia mondiale e focolai permanenti di guerre, di violenze e di vandalismi nel nome della sopraffazione dei poteri dominanti, rigurgiti dittatoriali e culture dell’odio e della segregazione (processi inqualificabili e progettati per destrutturare e diffondere culture della disumanizzazione e di nuovi oscurantismi).
Ma non abbiamo più Maestri di Vita, cultori e diffusori di solidarietà e delle ideologie che possano garantire e custodire i beni più preziosi dell’Umanità: dalla Pace, alla sicurezza sociale ed ambientale, alla convivialità tra popoli di diverse etnie, alla difesa degli elementari diritti alla Vita ed alla Socialità.
Il giorno della Liberazione non deve ripetere la solita sagra degli urlatori contro i fantasmi del passato e del presente, ma deve divenire un’Agorà della Democrazia italiana che dalla Resistenza ha raggiunto ragguardevoli traguardi ma che ci sono nuovi pericoli, nuove sofferenze, nuovi contrasti ( non solo tra le vecchie e nuove fazioni o contro il Governo che è il solito “birillo” da abbattere) che stanno modificando il sistema democratico, la sua vivibilità, il “garantismo” sempre auspicato.
Una giornata di Festa per verificare il nostro essere Italiani, la nostra cultura, la spontanea partecipazione popolare per fare meglio, per combattere le scorie che rendono le nostre città isolate, violente, prive della loro storica e necessaria identità.
Liberarci dai nuovi barbari, quelli che aggrediscono la sicurezza naturale di ognuno di noi e quelli che non intendono riconoscere le regole sociali e le tradizioni del nostro Paese e pretendono di sostituirci con il loro mondo immutabile.
Il Governo non può stare a guardare, il Parlamento non può essere solo bivacco e luogo di sfoggio d’ignoranza, arroganza e perditempo. Un Parlamento che non legifera (con efficacia) perché non rispettato dal potere esecutivo, è un Parlamento che affossa la Democrazia ed il disordine sociale regna sovrano.
Dobbiamo trasformare il 25 aprile nella Festa della Liberazione da ogni forma di anarchia e di barbarie.
Franchino Falsetti