Editoriale
L’Editoriale Millecolline
Pubblicato il 18/12/2022
L’arrivo del Natale non può essere un panettone
Per rimanere in date che tutti possono ricordare ed un’intera generazione continua a ricordare, per esempio 1962, l’anno del boom economico e del Concilio Vaticano Secondo, segnarono, come legge del contrappasso, la lenta dissoluzione di una vecchia civiltà durata sedici secoli. Oggi stiamo assistendo alla sua agonia.
I sintomi sono da tutti conosciuti, anche se la sovrana indifferenza ci fa chiudere gli occhi, non in modo pietoso, ma per una diffusa non conoscenza, non consapevolezza, non senso di timore del cataclisma rovinoso che si abbatterà sul genere umano.
Le grandi rivoluzioni nel passato sono servite per rigenerare, per conquistare diritti negati, libertà calpestate, per ridare dignità a molte aspirazioni a cui l’uomo con la violenza dovette rinunciare.
Rivoluzioni che mentre aprirono gli occhi che erano stati cuciti, hanno sviluppato nuove forme di tirannia, di dissoluzione, di distruzione, di negazione, di morte per le generazioni che si sono succedute fino ad arrivare ad oggi, dove alle volontà perverse del potere delle multinazionali si sono aggiunte le calamità naturali, le pandemie, le guerre, un pericoloso disquilibrio dell’ecosistema, un rischioso processo di disumanizzazione alimentato dal potere tecnologico e scientifico.
Il mondo virtuale, la negazione della realtà, la costruzione artificiale del nostro divenire esistenziale, l’inconsistenza, dei valori prodotti dalla società dei consumi, le nuove identità sessuali, la disgregazione della famiglia tradizionale, un senso anarchico del protagonismo, un voler essere più che esistere, ha predisposto il nuovo Progetto della caduta e della dissoluzione, non più di un’epoca, ma di una Civiltà più che millenaria.
E tutto questo viene, abilmente, mascherato nel nostro agire quotidiano. Ci fanno sentire attori del nostro destino, mentre, invece, siamo dei robot, addestrati per autodistruggerci.
Il mondo artificiale coincide con il mondo illusorio, fatto di sogni irrealizzabili, gonfiati dalla pubblicità e dalla cultura dell’effimero.
È una perfetta dissociazione non solo culturale ma conoscitiva, dove la parola “progetto” vale per le ristrutturazioni degli edifici e delle viabilità, ma non vale per la Vita di ognuno di noi.
In questi ultimi sessant’anni la conoscenza, il sapere, i libri, hanno subito sottili interventi censori e i cosiddetti Festival delle idee o i vari Premi (vecchi e nuovi, compreso il Premio Nobel) servono per determinare deviazioni, alterazioni, negazioni, protocolli subliminali per modificare i gusti, i desideri, i pensieri, i modi di pensare di ciascuno di noi. E la violenza non è una deviazione della personalità, è una malattia della cultura. Oggi viviamo nella cultura della violenza come panacea per ogni disumano cambiamento e per forme di delirio collettivo e per aumentare il livello di controllo.
Alla base della costruzione della vecchia Civiltà c’è il cristianesimo, la cristianità fonte di valori rivolti al rispetto della identità, dignità e rispetto della vita e delle naturali estensioni verso i sentimenti di fratellanza, amicizia, solidarietà e di costruire mondi possibili di bene, di benessere per l’intero genere umano.
La Cristianità nata dalle Sacre Scritture, dalla parola di Cristo fatto uomo e dai suoi insegnamenti, unanimemente riconosciuti al di là della fede dottrinale.
Nel tramonto della Civiltà anche la Cristianità rischia di scomparire. Il binomio Cristinità=Civiltà è inscindibile e di fronte allo sfaldamento di entrambi (la Cristianità, come ci suggeriscono accreditati studiosi, ha iniziato la sua deriva da due secoli, in particolare, dalla Rivoluzione francese 1789) la prospettiva, ne abbiamo già segni evidente, sarà un ritorno al paganesimo o forme similari. Le spinte ambientaliste sembrano predisporre nuove forme di culto. Ma tutto questa seria riflessione non intacca il mercato globalizzato predisposto per questo Evento meraviglioso e misterioso: la nascita di Cristo su questa Terra tormentata e bisognosa non di rinnovarsi ma di rinascere.
Il consumismo ha negato ogni valore trascendentale, di attesa, di necessità spirituale, di valutazione del proprio essere come presenza che rinnova il miracolo della Vita.
Pertanto non è il panettone od altra leccornia che fa Natale, ma semmai un uomo novus, sperando che qualcosa possa ancora salvarsi e non cadere nella dannazione prevista dall’Apocalisse.