Dobbiamo salvare la lingua italiana
Pillola Corsara n.26
La recente morte dell’illustre linguista Tullio De Mauro ha ridestato in me importanti impegni professionali che mi portarono a conoscere questo affabile Maestro agli inizi degli anni settanta, quando nella città di Ferrara si svolgevano incontri “rivoluzionari” sullo stato della “lingua italiana” ed in particolare sulla didattica dell’insegnamento dell’italiano.
Incontri affollati di studenti universitari, di esperti, di docenti provenienti anche da altre realtà scolastiche dell’Emilia Romagna. Questo indelebile ricordo per sottolineare che, al di là di considerare la lingua italiana “mobile” ed inevitabilmente suscettibile delle trasformazioni sociali e culturali, bisogna, come sosteneva De Mauro pensare alla lingua italiana come la lingua della Costituzione: chiara nel lessico e trasparente nella sintassi. “Parole di tutti e per tutti”. Un invito a contrastare, senza ambiguità, il “sotto bosco” della lingua burocratica o quella più invasiva e stravolgente come i prestiti linguistici, gli anglicismi, francesismi ed altre forme di colonizzazione della lingua italiana di indubbia ricchezza espressiva, comunicativa e, particolarmente, variegata e creativa.
“A Dante non sarebbe piaciuto il Jobs Act, questo è sicuro: perché dire in inglese quel che possiamo esprimere nel nostro idioma?”. Ci suggerisce, con specifica competenza, il linguista Francesco Sabatini, docente emerito di Storia della lingua italiana e Presidente onorario dell’Accademia della Crusca. Nel suo recente libro “L’italiano nel mondo moderno, Liguori Editore”, Sabatini ci mette in guardia rispetto al fenomeno dell’anglicizzazione e “trasformismi creativi“ della e nella lingua italiana, soffermandosi sull’importanza di rendere la nostra nobile lingua altamente comprensibile, qualunque sia l’interlocutore. “ […] Ci siamo adagiati nell’uso di un italo-anglismo liquido e che, in sostanza, noi stessi abbiamo delegato ad altri parlanti, di un altro popolo, l’interpretazione esatta del mondo mediante le parole”. Da “petaloso” a “nientoloso” il passo è breve.
E ciò che preoccupa che l’Accademia della Crusca sia, sempre, pronta ad avallare queste forme banali ed insulse, che si possono giustificare in una gara infantile, dove prevale lo “stupidario” ad imitazione, senza l’intelligenza ironica e satirica della pappa al pomodoro di “giamburrasca” memoria.
Per l’uscita della collana curata dal quotidiano “La Repubblica” dedicata all’italiano, realizzata assieme all’Accademia della Crusca, è apparsa, per diversi giorni, questa lettera con l’oggetto:
New Location.
“ Gentili colleghi,
daccordo con le guide lines del board della holding, finalizzate a rendere più performante la Nostra Azienda, vi comunichiamo che dal prossimo mese cambierà la location dei vostri uffici. Sarà mia premura aggiornarvi sap del progress della situazione.
Distinti saluti. “. [ il “daccordo” scritto senza l’apostrofo ]
Mi auguro che questa lettera sia solo un “modello” pubblicitario per far capire le esagerazioni giustificate dalla moda corrente di sentirsi “in”, se si scrive e si parla inglese. Una lingua incomprensibile, di un’ altra geografia culturale e priva di ogni sensibilità espressiva ed estetica come quella italiana.
Un augurio che oltre al consumare “prodotti” italiani, si ritorni a parlare solo la lingua italiana ed i “forestierismi” siano solo dei personali “optional”. Superiamo la pigrizia che è il virus di molte malattie sociali e culturali del nostro tempo.
Franchino Falsetti
Pillole Corsare di Millecolline.
Tutti i Diritti sono riservati.