Costruire o distruggere?

Editoriale

L’Editoriale Millecolline

Pubblicato il 24/10/2021

Costruire o distruggere?

Per superare l’attuale orientamento culturale che ci vede spettatori ed attori replicanti dobbiamo considerare diversamente la realtà. Quella che noi pensiamo di continuare a vivere è scomparsa da un po’ di tempo. E noi “fingiamo” di nulla perché l’umanità deve completare il suo ciclo e riprenderne il nuovo. Così avviene da migliaia di anni e nulla è cambiato da quando l’uomo ha cominciato a costruire per le sue difese e per sfuggire agli agguati della morte.

L’Homo sapiens non ha mai interrotto la sua ricerca, il suo modello di progresso, di avanzamento, di perfezionamento, fino a trasformare il costruire in conquista, in dominio, in potere non solo sulle cose ma sugli uomini, meno difesi, meno agguerriti, più remissivi, più rinunciatari.

L’uomo divenne operoso e puntò a costruire valori da tramandare, compattezza di sistemi dell’organizzazione sociale e la realizzazione dell’armonia della comunità.

Nei secoli questo fare si alternò al disfare. L’uomo della romanità, a cui dobbiamo ancore vive le tracce di un’incancellabile civilizzazione , ha gettato le basi per la costruzione del Buon Governo, ma nello stesso tempo si insinuarono le disgregazioni, risoluzioni distruttive foriere di ogni cambiamento in senso di disordine e lotte sanguinarie fra contendenti che vedevano solo la terra che calpestavano. La Storia ha narrato queste alterne vicende e ci ha descritto scenari e motivi questo arcano desiderio dell’uomo di preferire, in determinate epoca del Tempo fuggitivo, il brutto, la distruzione, la destrutturazione, la menzogna, la cancellazione dei valori, delle utopie e della memoria.

A.Huxley, importante scrittore e filosofo inglese scrisse nel 1931 il libro che ha segnato una nascita consapevole della distruzione, e che sembra profetico per i mala tempora che corriamo. “ Si auspica un mondo comunista che concede carta bianca al sesso, alle droghe e a ogni piacere, perché il suo valore supremo è la felicità” (Harari, 21 lezioni per il XXI secolo, La Repubblica,2020 )

Gli antidoti a queste seducenti distopie, dall’uscita del libro proibito, sono stati diversi, ma il famoso maggio francese, ne fece una sua agognata conquista ed il torto divenne diritto.

Viviamo il tempo della disgregazione, della distruzione, del piacere fine a sé stesso, e non valgano più le migliaia di anni in cui l’uomo ha rinnovato sempre le stesse domande, sulla esistenza, sulla sua identità, provenienza e fine. Filosofi in fitta schiera si sono fatte sempre le stesse domande e forse siamo entrati nel Tempo dell’esaurimento. Non valgono i Festival delle idee, le città delle idee, i giardini delle idee. E’ stato esplorato e detto tutto. E tutto si ripete e quello che conta è che vinca ancora l’illusione che non viviamo di verità ma di fenomeni. Bisognerebbe ripensare con altri sguardi, con altri interrogativi, con altre visioni del mondo, superando la famosa “ruota della vita” e la damnatio ai sentimentalismi frutto di letterature vacue e perverse.

L’uomo del XXI secolo non può vivere come amaramente ci prospetta Huxley, non può accontentarsi  solo di appagare i piaceri fisici per una rapida autodistruzione, non può esaltarsi nel decapitare le statue dei testimoni del passato, non può cancellare autori che hanno segnato la storia della nostra civiltà e delle nostre menti, non può cancellare la parola “antenati” per sentirci orfani per l’eternità e non può cancellare la memoria storica (individuale e collettiva), perché saremo condannati a vagare urlanti e piangenti negli oscuri fiumi, nell’inferno, di memoria dantesca.

                                                                                                                                                                                         Franchino Falsetti

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